Il carme di Zalmosside

di francesco martinelli


Ci si riferisce con questo articolo al dialogo platonico “CARMIDE” . Come spesso si può notare negli scritti di Platone, il personaggio che dà il titolo a questo dialogo, cioè Carmide, non è il personaggio più importante, anche se bisogna dire che è con lui che si svolgono i primi dialoghi intorno al definire cosa sia “saggezza”. In seguito il dialogo avviene con Crizia. Platone introduce il suo argomento partendo da un fatto concreto: Carmide si è alzato al mattino con un gran peso al capo: “Prima, infatti, mi diceva di sentire un mal di testa dal mattino, quando si è alzato. C’è forse qualcosa che ti impedisce di farti passare per uno che conosce un farmaco per il mal di testa?“ 155B.

Al che Socrate risponde di non avere difficoltà al riguardo. In realtà la saggezza è il rimedio che elimina ogni mal di testa , male che, afferma Socrate, è dovuto alla mancanza di saggezza che consiste nel “credere di sapere”. Il farmaco utile a tale male è la saggezza che va unita ad un incantesimo, che è un carme magico che Socrate ha imparato nell’esercito grazie a uno dei medici traci di Zalmosside, che hanno fama di  rendere gli uomini immortali. “E io risposi che era una certa erba, ma che al farmaco  si doveva accompagnare un incantesimo; se qualcuno lo pronunciava, mentre ne faceva uso, allora il farmaco produceva la guarigione, senza l’incantesimo non era di nessun giovamento”, Carmide 156A.

Socrate
Platone

“… Ebbene, questo trace diceva che i suoi colleghi greci fanno bene ad affermare quello che ti dicevo poco fa. Però, soggiungeva Zalmosside, che è un dio, dice che, come no bisogna curare gli occhi senza curare la testa, né la testa senza il corpo, così non bisogna curare neppure il corpo senza l’anima, e che questo sarebbe anche il motivo per cui ai medici greci sfuggono molto delle malattie… Dunque, bisogna curare in primo luogo e soprattutto l’anima, se vuoi che siano in buona salute sia la testa sia il resto del corpo. E l’anima, o caro, si cura con certi incantesimi, disse, e questi incantesimi sono i bei discorsi, e da questi discorsi si genera nelle anime temperanza. E una volta che questa sia nata e sia presente, allora è più facile ridare la salute alla testa e al resto del corpo”. 157A.

Per raggiungere tale immortalità, è necessario, come si dice nel Fedro :” Perché bisogna che l’uomo comprenda ciò che è detto idea, passando da una molteplicità di sensazioni ad una unità organizzata dal ragionamento” Fedro 249B. Al termine del dialogo Socrate è dispiaciuto di non poter offrire l’incantesimo a Carmide, quello che gli aveva insegnato il medico trace, perché non è riuscito a curargli l’anima coi bei discordi forieri di saggezza. A 176B , Carmide afferma: “Io, però, non credo molto a quello che dici, e credo di avere molto bisogno dell’incantesimo; e, per quanto mi riguarda, nulla vieta che tu mi faccia l’incantesimo tutti i giorni, fintanto che tu ritieni che io ne abbia a sufficienza”.  In ultima analisi Socrate ha vinto: Carmide starà sempre con lui per conoscere se stesso.

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