“Il viaggio più difficile di un essere umano è quello che lo conduce dentro se stesso alla scoperta di ciò che egli veramente è”. Carl Gustav Jung. Eccoci alla seconda parte dell’articolo sul fondatore della Psicologia Analitica.


di francesco martinelli


Per Jung gli archetipi sono gli elementi essenziali dell’esperienza psichica, possono venire considerati come delle predisposizioni a rivivere le esperienze fondamentali dell’uomo. Sin dal lontano 1910 egli riteneva fallace l’idea che lo sviluppo umano inizi a formarsi dalla nascita, infatti pensava  che la sua mente già contenesse  in sé sistemi organizzati tipicamente umani pronti ad entrare in azione, non è una tabula rasa. In questo periodo non aveva ancora coniato  il termine “archetipo”. Per conoscere e analizzare queste predisposizioni inconsce  egli  seguì  il percorso delle sue immagini interiori. Quindi si mise in “ascolto” dei suoi sogni e quelli dei suoi pazienti, notando che vi erano figure e situazioni  che non solo si ripetono da un paziente ad un altro, ma che le stesse si ritrovano anche nelle favole e nei miti di varie culture.

Egli ci ha riferito  che tali immagini gli sembravano appartenere a fattori strutturali dell’inconscio umano. Questo aspetto particolare dell’attività mentale era per lui il modo di pensare primitivo e analogico tipico dell’attività onirica.

Nell’ L’Io e l’inconscio, Jung riporta il caso di un paziente che nel corso dell’analisi trasferì su di lui in modo accentuato i suoi desideri infantili di avere un padre onnipotente. A questo punto si chiese da dove venisse fuori questa ostinazione e a quale fine mirasse, egli infatti sapeva molto bene che l’energia del transfert  è così potente che fa l’impressione  di un impulso vitale. Lo studio dei sogni mise in evidenza una spiccata tendenza ad attribuire al medico qualità sovrumane e, si domandava:  è possibile che l’inconscio cerchi di generare un dio dalla persona del medico, di produrre una visione divina dalla propria personalità? E’ possibile che il transfert sul medico possa  essere un errore commesso nella coscienza?

Si chiedeva anche se l’impulso inconscio solo in apparenza alla persona, mentre era focalizzato nel profondo su un dio. Jung affermava che un atteggiamento per essere scientifico doveva essere privo di preconcetti e che ciò che rendeva  valida un’ipotesi era  chiedersi se essa avesse  un valore euristico o esplicativo. Essendo egli particolarmente sensibile alle immagini, constatava  che le difficoltà dei suoi pazienti si annullavano, o almeno si riducevano, quando faceva  loro comprenderne il significato. Chiamerà poi tali immagini primordiali “archetipi”. Però egli riteneva  che l’essenza dell’archetipo non era suscettibile di coscienza, non solo, ma ci faceva  notare come sia impossibile dare un’interpretazione universale a un archetipo poiché esso va spiegato in base alla situazione psicologica dell’individuo particolare. L’archetipo  è una entità vivente, è l’organo della psiche prerazionale e vive di vita propria.

Il ruolo che egli riconosceva agli archetipi erano in sintesi questi: condizionano e orientano il comportamento umano e lo psichismo individuale, intervengono quando la psiche è perturbata e assicurano lo scambio di informazioni con l’ambiente. Vediamo ora in sintesi quali sono.

Teniamo ben presente che Jung non ci ha dato codici di interpretazione tali che ci possano riportare le manifestazioni dell’inconscio al già conosciuto. Le immagini che si presentano alla mente sono figure che appaiono nell’immaginario di ogni individuo e di ogni popolo, essi mettono in scena dinamismi , di cui si può ritrovarne la genesi per anamnesi e associazione nella sua famiglia e nel suo ambiente.

LA PSICHE COLLETTIVA E LA PERSONA

Jung affermava  di aver indicato con il termine “Persona”  il segmento evinto con fatica dalla psiche collettiva. Egli diceva  che il termine è quanto mai appropriato perché presso i latini la Persona era la maschera che portava l’attore  e che indicava la parte da lui rappresentata. “Se analizziamo la Persona, stacchiamo la maschera e scopriamo ciò che pareva individuale è, in fondo, collettivo, in altre parole che la Persona era soltanto la maschera della psiche collettiva. Tutto sommato, la Persona non è nulla di reale. E’ un compromesso  fra l’individuo e la società su ciò che uno appare…La Persona è un’apparenza, una realtà bidimensionale..” “L’Io e l’inconscio”, Corpus junghiano minore, pag.66.

E’ almeno dubbio che Jung abbia derivato  il concetto di Persona su basi solo empiriche. Il suo pensiero seguiva  vie diverse e più complicate rispetto a quello di Freud e dei suoi seguaci. E’ importante sottolineare che la Persona non coincide con l’Io, essa rappresenta solo l’apparenza dell’individuo.

L’OMBRA

Questo punto di vista di Jung si mostra in modo chiaro quando   si confronta quello che lui diceva  dell’Ombra con il concetto freudiano del rimosso. Egli conosceva  la rimozione ma non l’aveva studiata  a fondo coma fece  Freud, non ricostruì il modello del meccanismo in base al quale si produceva  il fenomeno, egli si fece  osservatore di ciò che si verificava  nella psiche del soggetto. Questo archetipo si manifesta nei sogni come avente lo stesso sesso del sognatore o della sognatrice. Quando si palesano hanno tratti caratteriali che sono la contropartita della personalità cosciente. Rappresentano gli impulsi rimossi che sono respinti dalla coscienza. Ad esempio una forte personalità forte può avere nella sua Ombra un figlio debole,  e viceversa.

ANIMA

Jung diceva  che nell’inconscio dell’uomo esiste un’immagine ereditaria collettiva della donna, quest’immagine è Anima. Essa è l’immagine collettiva della donna e può assumere diverse forme: sifilide, naiade, maga, strega, dea, e così via.  Le immagini archetipiche possono anche avere una natura compensatrice, ad esempio un uomo gentile  potrebbe avere come Anima un’ amazzone e viceversa. L’Anima si manifesta anche a livello comportamentale, non solo nei sogni. Quando la sua azione  prevale si manifesta un umore instabile e una mancanza di autocontrollo. L’Anima corrisponde all’Eros materno. Anima rimanda ad una quintessenza di immagini fantastiche.

ANIMUS

E’ la parte maschile della donna. Corrisponde al Logos paterno. Questo archetipo mette la donna in contatto col mondo dello spirito, esso rende la donna caparbia, aggressiva e dominatrice. L’Animus produce invece opinioni  di riflessioni. Questo archetipo preferisce l’argomentazione:  nelle discussioni vuole avere sempre ragione.  Quando la donna è dominata dall’Animus non c’è logica che la scuota. Nessun uomo, diceva  Jung  può intrattenersi con un Animus senza essere preda della propria Anima. L’Animus sfodera sempre l’arma della volontà di potenza. L’Animus è visto anche come uno psicopompo, mediatore fra coscienza e inconscio.

IL SE’

Esso rappresenta la totalità e l’unità della psiche. Nel nono volume, tomo secondo, “Aion: ricerche sul simbolismo del Sé”, alle pp. 23 sgg., Jung scriveva : “Chiediamoci ora se l’accresciuta conoscenza conseguita al ritiro dell proiezioni impersonali, cioè l’integrazione dei contenuti dell’inconscio collettivo, eserciti un’influenza specifica  sulla personalità dell’Io. Ciò può aspettare che l’effetto sia considerevole, in quanto i contenuti integrati rappresentano parti del Sé…Il fatto che l’Io sia assimilato dal Sé va considerato una catastrofe psichica…” Immagini, tra le altre,  che rappresentano il Sé sono i Mandala, cioè dei dipinti che si usano per la meditazione sia induista che buddista, hanno delle forme geometriche predeterminate e vengono dipinti  a mano.