L’ISPI, l’unico Istituto italiano che si occupa di analisi geopolitica e geoeconomica a livello internazionale con attività di ricerca e pubblicazioni, si è posto tre domande cruciali sul rapporto tra Putin, Kim e il ruolo della Cina in questo “sodalizio” d’interessi e fazioni che non porta a nulla di buono. Ecco di seguito il ragionamento che ha proposto l’ISPI ed il commento di Guido Alberto Casanova, “corrispondente” dell’ISPI dall’Asia Centrale…
La visita di Putin a Pyongyang certifica l’ottimo stato dei rapporti tra Corea del Nord e Russia: in ballo non c’è solo la guerra in Ucraina, ma anche questioni regionali aperte con Pechino. Un nuovo accordo di partenariato strategico globale. È questo il principale risultato dell’ultima visita in Corea del Nord del presidente russo Vladimir Putin, ricevuto con tutti gli onori dal leader Kim Jong Un in un tripudio di bandiere, fiori e gigantografie dei due capi di Stato. Il punto cruciale dell’accordo, evidenziato da Putin al termine di un faccia a faccia con Kim durato due ore, è che Mosca e Pyongyang si impegnano ad assistere la controparte in caso di aggressione esterna. Prima dell’incontro a porte chiuse, durato più di quanto inizialmente previsto dall’agenda, Putin e Kim hanno avuto ampi colloqui con la partecipazione di membri delle delegazioni di entrambi i paesi per oltre un’ora e mezza. L’agenzia ufficiale nordcoreana KCNA evidenzia che l’incontro, tenutosi 270 giorni dopo l’ultima visita di Kim in Russia, arriva in un momento in cui le relazioni tra Mosca e Pyongyang rappresentano “un motore per accelerare la costruzione di un nuovo mondo multipolare”. L’invasione russa dell’Ucraina ha dato senza dubbio uno slancio senza precedenti ai rapporti tra i due paesi, soprattutto in tema di armi, ma la visita di Putin dice qualcosa anche sull’asse che li lega al peso massimo del “mondo multipolare” auspicato da entrambi: la Cina di Xi Jinping.
Un’altra alleanza senza limiti?
Putin è stato accolto a Pyongyang in un’atmosfera festosa, con un notevole sfoggio coreografico da parte del regime comunista nordcoreano. Sui pennoni dell’aeroporto internazionale di Pyongyang sventolavano le due bandiere nazionali e la capitale del nord è stata tappezzata di immagini dei due leader. Kim ha stretto la mano a Putin e lo ha abbracciato calorosamente, ringraziandolo per la sua presenza. Al netto della simbologia e dello stile faraonico, l’incontro tra i due leader segna inequivocabilmente un ulteriore scatto in avanti nelle relazioni bilaterali. Un fatto evidente, soprattutto se si considera il raffreddamento dei rapporti tra Mosca e Pyongyang dopo la dissoluzione dell’URSS. Il riavvicinamento tra i due paesi era iniziato nel 2000 con la prima visita di Putin in Corea del Nord (all’epoca c’era ancora Kim Jong Il, padre dell’attuale leader nordcoreano), ma la guerra in Ucraina ha dato una spinta decisiva verso una cooperazione sempre più stretta, soprattutto in ambito militare. Non a caso, il presidente russo ha collegato alla stretta attualità il nuovo impegno alla reciproca difesa. “Questa non è solo una dichiarazione, sta già accadendo”, ha sottolineato Putin con un riferimento velato, ma non troppo, alla guerra in corso nell’Est europeo.
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Rapporto armato?
Già a settembre 2022, a sette mesi dall’invasione russa in Ucraina, gli Stati Uniti accusavano per la prima volta la Corea del Nord di aver venduto artiglieria alla Russia. Ad agosto 2023, invece, la Casa Bianca faceva sapere che Putin e Kim stavano conducendo negoziati sugli armamenti, perfezionati a settembre con la visita del leader nordcoreano nella Russia orientale. Poche settimane dopo, funzionari dell’amministrazione americana riferivano che la Corea del Nord aveva già spedito più di 1.000 container di armi alla Russia da utilizzare nella guerra in Ucraina. A marzo 2024, secondo fonti del New York Times, la Corea del Nord aveva inviato quasi 7.000 container di armi alla Russia, rimpolpando un arsenale logorato dall’impegno bellico iniziato già da due anni. Sia Mosca che Pyongyang ufficialmente negano queste transazioni, vietate dalle sanzioni imposte dalle Nazioni Unite alla Corea del Nord e particolarmente significative nel momento in cui il sostegno occidentale a Kiev appare sempre meno granitico.
Pechino approva?
L’Ucraina, tuttavia, non è l’unico punto nell’agenda condivisa tra Kim e Putin. I loro paesi, infatti, insistono sullo spazio asiatico e, soprattutto, condividono un vicino ingombrante come la Cina. In questa fase, i tre paesi formano un asse accomunato dall’avversione contro il sistema euro-atlantico, ma diviso su questioni regionali. Secondo alcuni osservatori internazionali, i cinesi nutrono non poche perplessità per l’intensificarsi della cooperazione militare della Corea del Nord con la Russia. Il timore di Pechino è che Pyongyang possa ottenere da Mosca tecnologia bellica che accelererebbe i programmi di sviluppo missilistico e nucleare, minacciando la già fragile stabilità regionale. Secondo indiscrezioni di stampa, i timori della Cina potrebbero essere mitigati da un’importante concessione strategica. I tre paesi, infatti, sarebbero pronti a discutere la possibilità di consentire alle navi cinesi di navigare sul fiume che segna il confine russo-nordcoreano e che sfocia nel Mar del Giappone, con importanti implicazioni sulla sicurezza per Tokyo. Il corso d’acqua, il fiume Tumen, scorre infatti verso est prima lungo il confine tra Cina e Corea del Nord, e infine anche con la Russia, prima di entrare nel Mar del Giappone. Le navi cinesi attualmente possono navigarlo liberamente solo nel tratto sotto sovranità cinese, senza sbocco sul mare, ma le cose potrebbero cambiare.
Il commento
di Guido Alberto Casanova, ISPI Asia Centre
“Visto da Pechino, l’incontro tra Putin e Kim non deve aver suscitato lo stesso entusiasmo che invece ha accolto il presidente russo a Pyongyang. La Cina, infatti, ha più volte lasciato trasparire la propria freddezza verso la nascita di un’intesa esplicitamente anti-occidentale in Asia orientale, eventualità che faciliterebbe non poco il rafforzamento dell’integrazione militare tra gli alleati degli Stati Uniti nella regione. La logica reazione al ravvicinamento russo-nordcoreano sarebbe infatti l’istituzionalizzazione della cooperazione strategica tra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud: si tratta, questo, di uno scenario che Pechino intende scongiurare e che ben difficilmente un miglior accesso navale al Mar del Giappone potrebbe compensare, poiché la partita che la Cina intende giocare in Asia orientale non si limita al solo piano militare”.