Psicologia e alchimia in Jung: origine dello studio

Jung iniziò ad affrontare l’inconscio nella maturità, egli afferma che fu durante la seconda metà della sua vita. Questo fu per lui un lungo e duro lavoro che durò circa vent’anni. Solo dopo iniziò a comprendere i significati dei contenuti dell’inconscio.


di francesco martinelli


Per prima cosa dovevo documentarmi sulle prefigurazioni storiche delle mie esperienze interiori; dovevo cioè chiedermi: ‘Le mie ipotesi hanno precedenti storici?’. Se non fossi riuscito a trovarne testimonianza non avrei mai potuto convalidare le mie idee. Perciò l’incontro con l’alchimia, che mi fornì le basi storiche , che finora mi mancavano, fu per me un fatto decisivo”. Da: “Ricordi, sogni, riflessioni, pag. 248.

Jung si era anche occupato di studi gnostici, dal 1918 al 1926, interessato alle immagini e ai loro contenuti di cui notava forti attinenze con le produzioni dell’inconscio. Ovviamente egli dubitava della comprensione che gli stessi gnostici avevano delle loro produzioni, siccome però non poteva aver prove di certi suoi dubbi al riguardo, gli parve che un collegamento con le immagini e i contenuti gnostici gli fosse dato dall’alchimia. Egli afferma infatti che : “Fondata sulla filosofia naturale del medioevo, l’alchimia costituiva il ponte tra il passato, con  lo gnosticismo, e il futuro con la moderna psicologia dell’inconscio.” Op.cit., pag.249.

Quello che però mi sembra molto interessante è il fatto che Jung ebbe dei sogni che avevano attinenza con tale materia.

Dietro la mia casa c’era ancora una casa, cioè un’altra ala, o una dipendenza, che mi era sconosciuta. Ogni volta nel sogno mi sorprendevo perché non conoscevo questa casa, nonostante in apparenza fosse stata nell’altra ala. Vi scoprivo una magnifica biblioteca, risalente in gran parte al XVI e XVII secolo; grandi e spassi volumi in folio rilegati in pelle di cinghiale erano allineati alle pareti. Tra essi vi erano un certo numero di libri decorati con strane incisioni in rame che riproducevano strani simboli, come non avevo mai visto prima. Allora non sapevo a che cosa si riferissero, solo molto più tardi li riconobbi come simboli alchimistici…”. Op. cit., pag250.

Jung stesso ne dà la spiegazione  affermando che l’ala non conosciuta della casa è un lato della sua personalità che è a lui sconosciuto, gli appartiene ma ne è inconsapevole. Sia l’ala della casa che la biblioteca erano un chiaro riferimento all’alchimia che avrebbe di lì a poco studiato. E come vedremo in altri articoli. Jung riferisce il sogno essenziale che lo introdusse all’incontro così importante per lui con l’alchimia.

Siccome è importante devo riportarlo tutto. “Ero nel Sud Tirolo, in tempo di guerra. Mi trovavo sul fronte italiano e rientravo dalle prime linee con un piccolo uomo, un contadino, sul suo carro tirato da un cavallo. Intorno esplodevano granate, e mi rendevo conto che dovevamo affrettarci il più possibile, perché c’era pericolo. (Qui c’è una nota di Jung che riporto per completezza. Le granate cadevano dal cielo erano, interpretate psicologicamente, proiettili che venivano ‘dall’altra parte’. Erano perciò emanazioni dell’inconscio, della parte oscura della psiche. Gli avvenimenti del sogno facevano supporre che la guerra, che nel mondo esterno aveva avuto luogo alcuni anni prima, non fosse ancora finita, ma continuasse per essere combattuta all’interno della psiche. Qui, evidentemente, doveva essere cercata la soluzione del problema, che non poteva trovarsi nel mondo esterno).

Dovevamo attraversare un ponte e poi passare attraverso un tunnel la cui volta era stata parzialmente distrutta dalle granate. Arrivando alla fine del tunnel vedevamo dinanzi a noi un paesaggio soleggiato, e riconoscevamo la regione veronese. La città era ai miei piedi, radiosa nella luce del sole. Ne provavo sollievo, e avanzavamo nella verde, fertile pianura lombarda. La strada portava attraverso un’incantevole campagna primaverile: vedevamo i campi di riso, gli olivi, le vigne. Poi, lungo la strada, diagonalmente, vedevo un grande edificio, un castello di grandi proporzioni, piuttosto simile a un palazzo ducale dell’alta Italia. Era un tipico maniero con molte dipendenze e costruzioni laterali. Proprio come al Louvre, la strada passava davanti al castello attraverso una grande corte. Io e il piccolo contadino giungevamo a un portone all’estremo opposto, il paesaggio soleggiato. Mi guardavo intorno: alla mia destra era la facciata del maniero, alla mia sinistra le stanze della se4rvitù e le stalle, i granai, e gli altri edifici minori, allineati.

Appena giungevamo nel bel mezzo della corte, dirimpetto all’entrata principale, avveniva qualcosa avveniva qualcosa che non ci aspettavamo. Con un sordo fragore tutti e due i portoni si chiudevano. Il contadino balzava da cassetta, ed esclamava: ‘ora saremo prigionieri del secolo XVII.’

Rassegnato pensavo: Già è così! Ma che cosa si deve fare? Ora saremo prigionieri per anni! Poi mi veniva un pensiero consolante: Un giorno, dopo anni, sarò di nuovo fuori!”

Terminato il sogno Jung si mise a studiare argomenti di religione e filosofia, solo più tardi studiò i testi alchimistici. Egli afferma che solo dopo aver letto il libro “Il fiore d’oro” iniziò a capire l’alchimia. Solo che coloro che hanno studiato a fondo questo testo, dicono che Jung non lo abbia veramente capito. Infatti , nell’introduzione al testo in questione, che studiai anch’io, sta scritto testualmente: “L’edizione tedesca contiene anche un lungo saggio di C.G.Jung, saggio che si è creduto bene non utilizzare. Infatti esso è servito all’autore  soprattutto per esporre le proprie idee di psicoanalisi, le quali, se usate per interpretare il testo, possono solo portare ad una deformazione del suo contenuto”. Da “Il mistero del Fiore d’Oro”, di Lu-Tzu, Edizioni Mediterranee, 1984, pag.7.

Nel prossimo articolo ci addentreremo nel campo dell’alchimia vedendo cosa Jung ha studiato di essa. Vedremo poi anche quali  errori di studio pare abbia fatto. Ai prossimi articoli.

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