Buzzi, Carminati e tanti altri pregiudicati a firmare i referendum sulla giustizia

di francesco de rosa |


Tra i sei quesiti referendari sulla giustizia ve ne sono alcuni che minano nel profondo quell’azione di pulizia che la politica in Italia doveva darsi. Si vuole, per esempio, abolire la legge Severino che impediva ai politici corrotti e condannati di continuare a fare politica. Si vuole impedire ai magistrati di usare la custodia cautelare anche quando essa si rende necessaria per non consentire ai corrotti e criminali incalliti di inquinare le prove. Così non è affatto un caso che a sostenere quei quesiti ci sia una folla di pregiudicati, persino intere amministrazioni comunali: imprenditori, politici di ogni livello, deputati, sindaci in carica, consiglieri regionali. Tutti accomunati da processi e condanne avute per corruzione ed altri tipi di reati commessi nella pubblica amministrazione. Ecco alcuni di essi…


C’è Buzzi l’ex ras delle cooperative rosse e Carminati l’ex estremista nero entrambi imputati principali del processo sul Mondo di mezzo. C’è Luca Palamara ex pm corrotto e corruttore. C’è Marcello De Vito, ex M5s passato ora con Forza Italia. Ci sono persino intere amministrazioni comunali guidate, guarda caso, da pregiudicati coinvolti in inchieste e processi su tangenti e corruzioni nella pubblica amministrazione. Ci sono avanzi di galera e incalliti criminali. Tutti a firmare i sei quesiti della Lega e dei Radicali sui temi della giustizia. Nella loro testa i referendum dovrebbero addomesticare i giudici e impedire loro di poter fermare molte delle loro azioni criminali. A Roma, Milano, Napoli, Palermo l’attivismo dei referendari e dei giornali che promuovo i sei quesiti si mescola ai desideri dei “criminali incalliti”.

Alcuni tra questi si sono ritrovati sotto lo stesso gazebo a Roma, quello del quotidiano Il Riformista di Alfredo Romeo, altro imprenditore coinvolto nel caso Consip e accusato di associazione a delinquere, frode in pubbliche forniture e traffico di influenze. La stampa orientata segue, sui referendum della giustizia, proprio l’impegno di Alfredo Romeo e del suo quotidiano “il Riformista” su cui si legge, a proposito della reunion: “Da dietro le quinte osserva la scena l’editore, Alfredo Romeo”, si legge nell’articolo che ha fatto la conta dei personaggi noti alle cronache giudiziarie arrivati al gazebo per sostenere i referendum tanto cari a Matteo Salvinisei quesiti che inseriscono – tra le altre cose – limiti alla custodia cautelare e rimuovono l’incandidabilità per i politici condannati prevista dalla legge Severino. Troppo per Lucia Annibali, deputata di Italia viva, che passa dal gazebo ma firma solo per cinque quesiti. “Ho perplessità su quello relativo alla custodia cautelare, però sostenere la battaglia dei referendum è utile”, dice la deputata. “È doveroso firmare tutti i quesiti”, ribatte invece Italo Bocchino, già parlamentare finiano ai tempi di Futuro e Libertà, poi consulente di Romeo, con il quale è finito a processo a Napoli. Il percorso in stile italiano trasforma i peggiori corruttori in vittime chiamati ora all’impegno attivo per impedire, nel futuro, per esempio che qualcuno di loro possa tornare in galera anche quando è colto sul fatto a corrompere o farsi corrompere.

A leggere gli atti processuali di tantissimi nomi che hanno firmato e oggi sostengono i sei quesiti sulla giustizia c’è da rabbrividire. Ci sono reati di tutti i tipi ed intercettazioni che la dicono tutta sulla libertà con cui tanti di questi pregiudicati che oggi sostengono i sei quesiti sulla giustizia (dai nomi più noti alle cronache nazionali ai meno noti ma comunque sindaci o amministratori in carica di varie realtà locali) si muovono cercando di continuare a fare ciò che hanno sempre fatto. Molti di loro hanno attraversato processi di primo, secondo e terzo grado ma sono sempre riusciti ad eludere gli impedimenti che la legge prevede per i pregiudicati soprattutto per coloro che abusano della credulità popolare e restano in politica usando la pubblica amministrazione per i propri affari illeciti. Nomi che hanno attraversato stagioni lunghissime e continuano a restare in politica per detenere quel potere necessario a intavolare affari con i peggiori imprenditori. Uniti tutti, questa volta, dalla speranza che questi sei quesiti sulla giustizia (alcuni soprattutto) possano debellare oltre le storture che sono in ogni ambito non da meno tra i giudici, anche l’azione necessaria di legalità e tutela della legge su cui uno Stato civile deve fondarsi.

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