L’uomo più solo al mondo è morto nella foresta dell’Amazzonia.

La sua tribù era stata sterminata dagli allevatori, “l’uomo della buca” era l’unico sopravvissuto. Era l’ultimo del suo popolo, sterminato in una serie di attacchi dagli anni Settanta in poi. L’uomo era stato filmato da una squadra del governo nel 2018, durante un incontro casuale. Per 26 anni ha condotto un’esistenza solitaria. Così l’ennesimo popolo incontattato è estinto. Lo chiamavano “l’uomo della buca” perché da diversi anni costruiva trappole profonde in fondo alle quali conficcava paletti appuntiti, per catturare animali, ma anche per scappare da criminali e bracconieri. Era l’ultimo membro di una tribù incontattata, cioè una tribù che non aveva mai avuto contatti con la società esterna. E l’ultimo abitante del territorio indigeno di Tanaru, nello stato di Rondônia, nell’Amazzonia occidentale.


Era conosciuto come “l’uomo delle buche” proprio grazie ai profondi buchi che creava, scavando, per catturare gli animali che lo avrebbero poi nutrito. Ma per molti è stato l’uomo più solo al mondo.

Non sappiamo il suo nome, ma sappiamo che era l’ultimo e unico abitante del territorio indigeno di Tanaru, un piccolo pezzo di terra nella giungla amazzonica brasiliana di Rondônia ormai sempre più deforestata dagli occidentali e dai magnati brasiliani che distruggono quelle terre per l’allevamento e la costruzione. Quella foresta dell’Amazonia che era anche chiamata il polmone verde del mondo grazie al suo grande lavoro di riciclo dell’anidride carbonica e che ora però sembra che, da uno studio eseguito da Nature, il riciclo del Co2 sia nettamente inferiore rispetto alla sua produzione. 

In questo piccolo pezzo di terra, ancora incontaminato, viveva il nostro uomo. Era rimasto solo, completamente solo, dopo che la sua tribù era stata sterminata dagli allevatori che volevano espandere i propri pascoli. I suoi movimenti erano monitorati dal 1996. Una squadra dell’ente brasiliano per la protezione degli indigeni, la Funai, lo aveva incrociato casualmente una volta nel folto della foresta e senza farsi vedere lo aveva filmato brevemente nel 2018. Lui era impegnato ad abbattere un tronco d’albero e non si era accorto di nulla.

Da allora l’uomo delle buche o anche “Indio do Boraco“, non era stato più avvistato, ma gli agenti del Funai si sono imbattuti nelle sue capanne, costruite con la paglia, e nelle buche profonde che aveva scavato, alcune delle quali avevano punte affilate sul fondo. Intorno alle capanne piantava mais e manioca e frutti come papaia e banane.

Lo hanno trovato morto, apparentemente per cause naturali, il 23 agosto su un’amaca fuori dalla sua capanna di paglia. Non sono stati riscontrati segni di violenza. Doveva avere intorno ai 60 anni. Marcelo dos Santos, studioso e storico delle tribù indigene brasiliane, ritiene che l’uomo sapesse che stava per morire. Le piume che adornavano il suo corpo facevano parte del rito funebre che avrebbe poi compiuto. 

Altair José Algayer del FUNAI si è avvicinato all’ultima capanna conosciuta dell’indigeno, per accertarsi delle sue condizioni di salute. Ed è qui che ha fatto la drammatica scoperta: l’uomo del buco era morto ormai da tempo, probabilmente dal mese di luglio. Ritrovato steso su un’amaca e ornato di alcune piume che, secondo gli esperti, potrebbero avere un significato rituale legato alle cerimonie funebri indigene, si ritiene che la morte non l’abbia sorpreso, bensì che egli la stesse aspettando. Stando ad una rapida stima, avrebbe avuto una sessantina d’anni al momento della sua scomparsa.

Il suo corpo è stato portato a Porto Velho per essere sottoposto ad autopsia, nella speranza di scoprire la causa della morte. Probabilmente, verrà sepolto nel luogo in cui ha sempre vissuto: alcuni esperti indigeni hanno richiesto l’edificazione di un memoriale in suo onore e la costituzione di un’area protetta nella regione di Tanaru, per preservare un luogo ancora incontaminato della foresta amazzonica.

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