Al "Concerto tra le stelle" la prima viola del Teatro alla Scala, Simonide Braconi, eseguirà con Monaldo Braconi un brano originale di Tiziano Citro, compositore, pianista, didatta. Bella occasione per parlare della sua musica...

Venerdì 14 giugno 2019 si terrà all’Osservatorio Astronomico di Capodimonte il “Concerto tra le stelle”, col patrocinio della Regione e la cura dell’Associazione Rachmaninov. La prima viola del Teatro alla Scala, Simonide Braconi eseguirà con Monaldo Braconi musiche di repertorio e un brano originale di Tiziano Citro, compositore, pianista, didatta. L’occasione giusta per parlare con lui della sua musica…

Il compositore Tiziano Citro

Girolamo De Simone: Di recente, un evento programmato al Duomo di Salerno ci ha visti affiancati nel doppio ruolo di “pianisti-compositori”, ruolo che ha le sue radici in tante memorabili ‘sfide’ del passato, tra autori del calibro di Liszt e Thalberg, e poi con Busoni e tante altre icone della grande e forse ingombrante storia del nostro strumento. Le tue composizioni hanno suscitato la curiosità mia e del pubblico: qual è la loro storia, quali le logiche sotteranee che le regolano, i motivi ispiratori? Nei tuoi lavori scorgo una logica ferrea che regola in profondità un movimento mai lasciato al caso. Quando hai iniziato a comporre?

Tiziano Citro: ho iniziato a comporre musica da piccolo da autodidatta, ma ho capito sin da subito che per comporre musica seria bisogna avere non solo l’istinto ma anche la tecnica compositiva.

G.D.S.: Se puoi, raccontaci qualcosa dei tuoi studi compositivi: dove e con chi hai studiato?

T.C.: Mi sono iscritto alla classe di composizione al Conservatorio di Salerno nel 1983. Il docente era il M° Alfonso Vitale, un padre redentorista che mi ha insegnato molto lasciandomi libero di esprimere il mio pensiero musicale. Col M° Vitale ho anche studiato la musica corale e la direzione di coro diplomandomi al Conservatorio di Bari nel 1991. In seguito ho concluso gli studi col M° Gaetano Panariello, diplomandomi al Conservatorio di Avellino nel 1995.

G.D.S.: Quali sono stati i tuoi modelli tra i grandi autori? C’erano pianisti-compositori tra questi?

T.C.: I miei modelli sono stati tutti i grandi compositori del passato, da Bach ai giorni nostri, Ritengo la scrittura di Rachmaninov la più complessa e articolata, pur riscontrando in Liszt delle bellissime architetture sonore.

G.D.S.: Un tuo cd è intitolato “Qualcosa di me”, e propone tra le altre composizioni i tuoi “Preludi”. Si tratta a mio avviso di lavori raffinatissimi, in continuità con la linea Schönberg-Berg, ma in grado di parlare anche ai nostri giorni per un trattamento pregiato nella conduzione delle parti. Certo non chiamerei ‘armonico’ tale trattamento, anche se in effetti si tratta di una estensione di tale nozione. Mi sbaglio?

T.C.: Ti ringrazio per il complimento: non credevo di aver scritto dei preludi “raffinatissimi”! No non si può parlare di trattamento armonico: ho usato una mia serie originale, riprodotta alla quarta e alla quinta sopra, non in maniera ortodossa e rigida secondo la prassi di Schoenberg, ma cercando di creare un’atmosfera mediterranea piena di luce e di colori. Se non avessi avuto questa esigenza non li avrei potuti scrivere perché sarebbero stati delle copie sbiadite di brani già ascoltati.

G.D.S.: Sì, certo: il termine ‘armonico’ era da me evocato in modo ‘estensivo’, non confinato nel suo significato di ‘tonale’. Hai mai scritto musica utilizzata per film, video o documentari?

T.C.: Sì: è capitato in passato per un cortometraggio. La regista mi ha chiesto di utilizzare la musica del CD “Qualcosa di me” per un suo lavoro. Diciamo che è nata prima la musica e poi il cortometraggio. Invece in una piece teatrale sulla vita di Puccini, commissionata dalla Fondazione Puccini del Festival Torre del Lago ho riscritto e adattato dei temi di Puccini. Questo lavoro è andato in scena al teatro degli Champs-Elysées nel novembre del 2003 in una rassegna di teatro diretta da Maurizio Scaparro.

G.D.S.: Alcuni brani devono essere caratterizzati, a mio avviso, da una sorta di eclettismo programmatico. Personalmente non esito a farlo, e ho adottato di proposito una proposta che non esito a definire “funzionalismo”. Capita anche a te di immaginare la destinazione del pezzi fin dalla fase ideativa, allontanandoti dall’idea, a mio avvio fuorviante oggi, di ‘purezza dell’ispirazione’?

T.C.: La purezza dell’ispirazione esiste, perché è nella natura dell’uomo. Esiste, di contro, anche la scrittura funzionale o meramente pragmatica perché dietro un’idea c’è sempre un fine ultimo. Per fortuna la musica cosiddetta colta, molte volte, sfugge a questa logica di “mercato” altrimenti noi tutti scriveremmo solo musica pop!

G.D.S.: Raccontaci della tua passione nella scrittura “per soli tasti neri” o “per soli tasti bianchi” del pianoforte. Mi par quasi di scorgervi una sorta di tensione verso le grandi opposizioni concettuali della vita, risolte dagli orientali in figure come lo yin e lo yang, in cui il contrasto è solo apparente…

T.C.: Non si tratta di passione per i tasti bianchi o neri. “Non ama il nero” è un brano scritto nel 1995 dopo aver visitato una bellissima mostra di Burri a Città di Castello. In questa mostra c’erano dei pannelli enormi con solo sfumature del colore nero e la scritta “Ama solo il nero”. Son rimasto colpito da queste sfumature e dopo qualche mese ho scritto il mio lavoro che è in contrasto con quello che avevo osservato dal Burri. Naturalmente avendo scritto un brano solo sui tasti bianchi ho pensato anche a scriverne uno solo sui tasti neri, dal titolo “…Ed il bianco” (2004). Infine ho composto “Quisquilia” dove il tema della mano destra è sui tasti bianchi invece l’accompagnamento della sinistra sui tasti neri.

G.D.S.: Mi ha molto colpito la tua composizione intitolata “Rivisitando” (2001), dove – come in una carrellata – ripercorri alcuni celebri stilemi pianistici, da Rachmaninov a Liszt, che richiedono un certo virtuosismo esecutivo. Puoi parlarcene?

T.C.: Come ti dicevo prima, Rachmaninov e Liszt sono dei giganti inarrivabili. La loro scrittura ha tracciato dei solchi profondi nella scrittura pianistica del secolo Ottocento e Novecento. Nel mio piccolissimo “Rivisitando” ho osato mischiare dei temi noti dell’uno e dell’altro e anche della famosa sequenza gregoriana del “Dies irae”.

G.D.S.: Un’ultima domanda. A cosa stai attualmente lavorando? Immagino cosa potrebbe essere un tuo lavoro per pianoforte e orchestra, o per pianoforte ed elettronica…

T.C.: Ho scritto già un concerto per pianoforte e orchestra d’archi eseguito nel 2003 nell’auditorium del Conservatorio di Avellino e a Palazzo Vanvitelliano a Mercato San Severino, mio luogo di nascita. Non ho mai pensato all’elettronica, ma – con i tuoi suggerimenti – chissà, potrei cominciare a farci un pensierino. Sto lavorando ad un brano per tromba e orchestra d’archi perché più pragmaticamente si può farlo eseguire.