Ci piace riportare, in occasione della prima presentazione del romanzo fantasy di Giancarlo Valentino che segna anche il suo esordio letterario ciò che ha scritto per l’occasione in programma sabato 6 luglio alle 19.30 presso gli spazi dei Frati Francescani di Sant’Antonio a Sant’Anastasia, il musicista Girolamo De Simone, nostro punto di riferimento culturale in redazione, che della pubblicazione di questo romanzo ne è stato davvero il silente e leale sostenitore. Aveva visto, il nostro Girolamo De Simone, e molto prima di altri, tutte le qualità letterarie di Giancarlo Valentino e ha così volute sostenerle in momento della vita umana e professionale di Giancarlo Valentino cruciale. Ecco il testo integrale, efficace, colto e raffinato, che abbiamo voluto anticiparvi a poche ore dalla prima presentazione del romanzo fantasy dal titolo “Ynezz” edito dalle edizioni neomediaitalia.
Al di là dei nostri giorni uguali “Ogni giorno sarà come ogni altro giorno”: chiude così una sua Profezia il grande poeta e drammaturgo Peter Handke, in un testo teatrale edito in Italia da Feltrinelli nel 1969, e ormai introvabile, come molti segni lanciati nel mondo in anni che il mondo aspiravano a cambiarlo. (“Profezia” per quattro voci (A,B,C,D) è in Peter Handke, Teatro, Milano, Feltrinelli, 1969. Contiene: Kaspar; Insulti al pubblico; Profezia; Autodiffamazione. – Trad. di Maria Canziani e di Enrico Filippini).
Erano anche gli anni in cui emergevano personaggi a fumetti, supereroi che pullulavano album settimanali da noi attesi con trepidazione, gli stessi fumetti che oggi i nostri figli guardano al cinema in strepitose saghe dagli effetti più che realistici. C’erano poi fumetti che innovavano album più tradizionali: tra questi Martin Mystère, sorta di investigatore del fantastico che vagava tra dimensioni alternative, o che ci mostrava la fascinazione dell’inspiegabile, qui ed ora, nella nostra quotidianità. Altra figura capace di suscitare magie e mirabilie era poi quella del Doctor Strange, mistico a metà strada tra Oriente e Occidente, cui erano affidati i destini sottili del mondo… Allora, come oggi, incombeva la profezia dei replicanti: uomini che svolgono le ore e i giorni sempre allo stesso modo, alienati in una rete di obblighi e doveri, lavoro e scadenze tali da soffocare anche le persone più sane e vitali. Il pericolo, ben si vede, era quello ben descritto dai filosofi della scuola di Francoforte: una società che riesce magari ad evitare il conflitto reale, spostandolo in zone lontane da noi. Allora il mondo non era globalizzato, ma occorre dire che anche oggi, quando tutto è apparentemente visibile, tutto apparentemente connesso e in rete, lo stratagemma di spostare i conflitti reali al di là delle nostre frontiere, che proprio per questo vengono mantenute e difese in modo disumano, è ancora strategia principale d’abuso e d’uso. Tuttavia, anche così, restava irrisolto un problema: l’esigenza di ‘controllo’ restava viva anche per quei paesi occidentali e per tutti noi: gente che vorrebbe pensare e decidere lucidamente della propria vita, deponendo la quotidianità al servizio degli ideali che ci eravamo figurati in gioventù. Nulla di tutto ciò era stato reso possibile, dal momento che il controllo, così ben descritto da Michel Foucault riprendendo le tesi del Panoptikon di Bentham, cioè la ‘civilizzazione’ (f’orma’ deformata – mi si perdoni il gioco di parole – di civiltà, opposta alla Cultura anche da Adorno) che sottopone sotto lo sguardo di un carceriere chiunque viva nella prigione di paesi/ torri prigioni, è ormai realtà dai contorni appena sfumati. Una griglia rende i giorni tutti uguali, come nella Profezia del nostro incipit, e li rende tutti grigi, simili anche nella forma sintattica: ogni giorno sarà, e davvero lo è, come ogni altro giorno. E non si scambi questa formula come una declinazione dell’ozio, oppure della noia, varianti della melancholia aristotelica, l’umor nero dal quale può derivare tedio ma anche immaginazione e creatività.
Questa ripetizione diventa invece biunivoca, soffocante: il rinvio si trasforma in automazione del vivere. È così che la fuga, di cui Henri Laborit tesseva elogio, richiede supereroi, uomini la cui densità è data dalla possibilità di “uscire dal sistema” sia fisicamente, con superpoteri e azioni al di là dell’umano, sia psichicamente, attraverso la proiezione psichica del bene che combatte il male. In questo quadro si inserisce tutto un filone, quello fantasy, all’interno del quale si colloca, con grande potenza immaginifica, questo romanzo di Giancarlo Valentino, Ynezz, edito dalle edizioni neomediaItalia. Come recita il sottotitolo, la sua aspirazione è quella di superare l’oscurità quotidiana, quella della reiterazione dei gesti, e vincere il buio, raggiungere la luce o almeno scorgerne bagliori. Diceva Teresa D’Avila che la nostra anima è come un castello di cristallo. Anticipando di secoli i traguardi del pensiero, ipotizzava che quest’anima non è affatto, come sostenevano altri mistici, organizzata in gradi, ma in STANZE: esse si dispongono sopra, sotto, affianco alla Luce centrale, che rappresenta l’immagine di Dio rispecchiata dall’anima: il Creatore all’interno della Creatura. Poi, sorprendentemente, e lucidamente, Teresa parla di un panno nero, lordo, che noi stessi poniamo tra questo cristallo, che è sempre lì nonostante tutto, e la luce. Ciò crea un buio affannoso, una insoddisfazione permanente, l’ansia del vivere male. Ora, non so voi, ma per me sfuggire col pensiero attraverso questo straccio sporco che io stesso pongo attorno al mio castello, è cosa preziosa e non pretenziosa: sarebbe giusto che ciascuno lo facesse, anche per intravedere magari solo un riflesso: è ciò che auguro a chiunque voglia leggere questo libro.