Trenta anni fa “Mani Pulite”. Trenta anni dopo i tangentisti, i mafiosi e i corrotti si riorganizzano

Era il 17 febbraio del 1992, l’anno orribile dell’Italia. Trenta anni fa e sembra sia passato un secolo da quando quel giorno Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio ed esponente di spicco del Partito Socialista di Bettino Craxi, viene fermato con una tangente di sette milioni che aveva in tasca. Quell’arresto farà scoprire un sistema con dentro fiumi di danaro che i Socialisti per primi, assieme agli altri partiti, prendevano a mani basse dalle imprese private per truccare appalti e concorsi. Ironia della sorte, trent’anni dopo, due referendum (quello contro la legge Severino e quello contro la custodia cautelare) appoggiati dal grande partito traversale dei tangentisti, dei corrotti e dei mafiosi rischiano di vanificare i pochi sforzi di questi anni contro la corruzione…


di francesco de rosa |


Resterà impressa tra le tante immagini di quegli anni, l’uscita di Craxi del 30 aprile 1993 quando dall’Hotel Raphaël di Roma entrava in auto al suono delle monetine che manifestanti inferociti gli buttavano addosso. L’inchiesta di Mani Pulite fu anche questo e, di fatto, accelerò quel cambio della classe dirigente italiana. Una stagione che non mancò di riservare anche gesti estremi: 40 suicidi di persone coinvolte nelle indagini a cui il carcere preventivo prima del processo aveva arrecato l’onta della vergogna. Molti di essi sapevano di essere colpevoli. Molti di essi facevano parte di un sistema ben collaudato. Si suicidarono l’ex presidente Eni Gabriele Cagliari, il presidente Montedison Raul Gardini, due tesorieri di partito che sedevano nelle segreterie nazionali. In cifre l’inchiesta Mani pulite vide oltre 25mila avvisi di garanzia, 4.525 arresti, 1.300 condanne e patteggiamenti e 430 assoluzioni. Da quel 17 febbraio del 1992 co gli interrogatori del magistrato Antonio Di Pietro e l’arresto di Mario Chiesa si determinò l’inizio una serie di altre inchieste giudiziarie che scoperchiarono la corruzione del sistema politico e istituzionale, attraverseranno tutta la prima metà degli anni Novanta. Passeranno alla storia come le inchieste di Mani pulite e Tangentopoli. Nacque persino il tifo per i giudici, si seminarono germi di speranza che la corruzione potesse finalmente essere debellata. Ma fu solo un’illusione. Oggi le tangenti non arrivano più ai partiti ma ai singoli politici che è anche peggio. Perché sono tanti e tante volte sono impuniti.

Intanto, nel 1992 furono, di fatto, travolte fino a scomparire le compagini politiche che componevano il ‘Pentapartito’ allora trama del governo nazionale e di molte altre amministrazioni periferiche. Ci si spartiva tutto quello che ci si poteva spartire: soldi, appalti, favori, tangenti, concorsi pubblici, incarichi di lavoro, protezioni, affidamenti. Partito Socialista (che rubava più di tutti) ma anche Democrazia Cristiana, Partito Repubblicano, Partito Liberale e Partito Socialdemocratico gestivano questo sistema di corruzione. Non ne restò indenne nemmeno l’ex Partito Comunista italiano.

Nel corso degli anni si è finito con il dire che se “tutti rubavano” nessuno era davvero colpevole. E così Craxi è diventato un martire di giustizia e si è voluto riabilitarlo negli ambienti più nostalgici. Si è detto inoltre che le tangenti non sono più nel sistema quando, invece, le tangenti ci sono. Eccome. E anche il grande esercito dei tangentisti che ha promosso e sostiene due dei sei referendum passati per la Corte Costituzionale che riguardano il sistema giudiziario ed il potere dei giudici. Due quesiti dei sei proposti per scardinare il senso e gli effetti della legge Severino grazie alla quale si vieta ai condannati in terzo grado di continuare a fare politica e di candidarsi. E l’altro per fare in modo di limitare la carcerazione preventiva sia attuata. Quella stessa che impedisce in tanti casi di inquinare le prove ad incalliti tangentisti e a ladri che vivono e pullulano e vengono eletti e rieletti nel sistema politico italiano a tutti i livelli. Dalle amministrazioni comunali dei piccoli paesi alle grandi città italiane, dagli Enti regionali agli altri luoghi di potere dove si decidono appalti, investimenti pubblici e tanto altro. Trenta anni dopo non poteva esserci compleanno peggiore con la notizia che quei due referendum che uniscono e riuniscono tangentisti, mafiosi e corrotti saranno votati dagli italiani che dovranno decidere se affossare la legge Severino e se limitare enormemente la custodia cautelare. Qualcuno, in totale buona fede, già teme che gli italiani hanno memoria corta, che il vento cambia, che la corruzione naviga sotto e fa bene tutti. Qualcuno teme che possano trovare consensi se l’esercito dei corrotti e dei tangentisti si mette assieme a mobilitare voti. Chissà se anche questa volta la peggio Italia e i peggiori italiani l’avranno vinta.

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