La “fase 2” che sarà avviata nella sua completezza il 4 di maggio quando il decreto in vigore che aveva allungato dal 13 aprile al 4 maggio il lockdown smetterà i suoi effetti sarà, in qualche modo anticipata, come nella strategia dei piccoli passi. Lunedì 20 aprile, come è dato quasi per certo, nei luoghi dove il governo centrale sta stabilendo, anche con il lavoro del gruppo tecnico presieduto da Vittorio Colao, saranno decisi anche gli altri dettagli della ripresa.
Si tratterà, lo sappiamo, di dover “convivere” con il virus ed è questa la prossima ed urgente “missione” nel governo per non rischiare di far restare tutto fermo ancora altro tempo. Ogni giorno che passa con l’economia ferma è un danno in più che peserà come un macigno nel prossimo futuro. Così ci sarà probabilmente un provvedimento ministeriale, tra Sviluppo e Tesoro, che avrà il compito di rimettere in moto alcune attività ed imprese seguendo lo sblocco dei codici Ateco in attesa di varare le norme per la sicurezza dei lavoratori. Lunedì 20 il Consiglio dei ministri è convocato anche per discutere di leggi regionali, dello scostamento di bilancio per finanziare il «decreto Aprile» e del rinvio delle elezioni amministrative. Ma nella stessa riunione del Consiglio dei ministri di lunedì probabilmente verranno sbloccati i cantieri per la costruzione di edifici e riaperte altre attività che a cui si lega un codice di rischio basso o medio-basso secondo le tabelle Inail. Assieme all’edilizia saranno il settore tessile, della moda, delle auto e quindi della fabbricazione di autoveicoli. Ma anche del settore mobili e degli articoli in pelle. Così come, considerati a rischio basso sta per riaprire l’industria del tabacco, quella dell’estrazione di minerali metalliferi, le cave e le miniere. Sono quei settori che, presumibilmente, potranno anticipare l’apertura di molte altre attività programmate già il 5 maggio.
Il governo è al centro di spinte contrarie. Cautela e timori, i medici e le imprese, la salute e l’economia, i bisogni primari delle famiglie in difficoltà ma anche la responsabilità di non cadere in una nuova fase di contagi. Animato, quindi, parimenti, dalla consapevolezza che altri Paesi a noi vicini stanno già ripartendo e che la falla gigantesca che si è aperta nella economia italiana e nella condizione di tante famiglie rimaste senza lavoro e senza stipendio non può basarsi unicamente sugli aiuti di Stato. Se convivenza con il coronavirus dovrà esserci è bene “abituare” prima quei settori con meno rischi che hanno una grande urgenza di ripartire.