Al San Carlo di Napoli. Il viaggio di Lorenzo Pone, pianista alla ricerca del bello

GIROLAMO DE SIMONE: Lorenzo Pone, pianista, compositore, concertista di caratura e vocazione internazionali: terrai tra qualche giorno (domenica 6 ottobre 2019, alle ore 18.00) un importante concerto al San Carlo, puoi dirci qualcosa sull’inizio del tuo percorso, sui tuoi anni di formazione?
LORENZO PONE: Beh, andando molto indietro con i ricordi, fu il mio nonno paterno ad iniziarmi, a quattro anni, al pianoforte. I miei ascoltavano musica dalla mattina alla sera, mio padre un grande amante del jazz e della musica antica, mia madre una fan sfegatata di Benedetti Michelangeli. Poi vennero i primi studi: una volta mio padre, per punirmi di una bravata (devo dire che l’avevo fatta grossa), mi vietò di suonare per due settimane. Ma mentre lui era al lavoro io, con la complicità di mia nonna, studiavo un’intera sonata di Beethoven, proprio in quei quindici giorni: per me suonare era tutto. Gli studi sistematici, con l’ingresso al Conservatorio, vennero insieme all’incontro con Francesco Mariani: gli devo tutto, gli devo anche che dal 2011 Paul Badura-Skoda mi volle regolarmente a Vienna tra i suoi studenti diretti, e a entrambi loro devo se ho ricevuto una borsa di studio dal Royal College of Music di Londra e l’essere stato ammesso per il Master al Mozarteum di Salisburgo, una delle più grandi accademie di musica del mondo, dove ho trovato amici, una grande insegnante come Cordelia Höfer-Teutsch e contatti che hanno cambiato la mia vita.


GDS: Sei un musicista che gira il mondo: qual è il tuo rapporto con la tua città d’origine? So già che Napoli ha per te una luce mitteleuropea, non solo mediterranea. Ma dove e come nasce quest’idea?
LORENZO PONE: Napoli è stata generosa con me. Mi ha dato tante cose, a cominciare dal mio insegnante Francesco Mariani, alla mia famiglia, ai miei amici di sempre. E poi mi ha accolto come professionista nelle sue sedi storiche, dalla Scarlatti al San Carlo: Napoli mi ha dato tanto. Mi ha dato anche la spinta giusta: prima di iscrivermi al Conservatorio, spesso marinavo la scuola e me ne andavo al San Pietro a Majella, mi fingevo studente e mi facevo dare in portineria le chiavi dell’organo o di un’aula: restavo lì ore a improvvisare. Lo stesso feci quando, per un breve periodo, dopo il Liceo andai a Giurisprudenza: marinavo i corsi e, specialmente in certe giornate invernali, facevo quel tratto di strada dall’Università al Conservatorio, immaginando di essere a Parigi o Bruxelles, e fantasticando sulle vite dei compositori che mi entusiasmavano. Mi sembrava che tutta la città fosse immersa in un’atmosfera irreale. Come dicevo, andavo all’organo intrufolandomi, e improvvisando sognavo. Poi venne il momento: un concorso. “Se vinco”, dissi ai miei, “la musica sarà la mia strada”. E forse vinsi perché lo volevo più di ogni altra cosa al mondo: così ripresi a camminare per le strade di Napoli, stavolta andando direttamente al Conservatorio e mi sembrava che la città si divertisse a mascherarsi, a cambiare identità, a evocare altre città in certi angoli o in certe giornate, rimandando ad altri luoghi. Come tutte le vecchie e grandi città, anche Napoli conserva in sé frammenti delle altre, piccoli cocci sparsi qua e là, frutto del gioco d’invisibili antichissimi specchi. Ho scoperto che Napoli ama travestirsi, sorprendere e celarsi.


GDS: Sei poi andato all’estero.
LORENZO PONE: Quasi per caso. Ci fu prima un periodo di studi a Parigi, durante il quale mi imbattei in un bando: chi avesse superato la selezione avrebbe poi avuto la possibilità di studiare a Vienna con Badura-Skoda, una leggenda vivente. Lo conoscevo perché Francesco Mariani me ne aveva tante volte parlato e gli chiesi cosa ne pensasse. Mi preparò per l’audizione: eravamo in ottantanove da tutto il mondo e Badura-Skoda ne avrebbe scelti solo otto. In quel grigio mattino viennese tutto mi sarei aspettato, tranne che di essere uno degli otto. Si cominciò subito e, al termine di quello stesso corso, Badura-Skoda mi invitò a essere suo regolare allievo: non avrei mai osato sperare tanto. Per me ha rappresentato il contatto diretto con un mondo scomparso, l’era d’oro dell’interpretazione, un modo di intendere la musica al pianoforte che affonda le sue radici nella leggenda, direttamente in Beethoven. Vennero così i primi concorsi, i primi riconoscimenti, i primi concerti e poi Londra, Salisburgo e le vere tournée. Ma non sono andato via da Napoli perché mi mancava qualcosa. Sarei andato via anche da Parigi o da New York, se fossi nato là: desideravo scoprire il mondo, non stare mai fermo; la sola legge è il movimento.


GDS: Puoi raccontarmi il programma che eseguirai? Segue una logica tattile, una formula cronologica o, come sospetto, i brani sono legati da una raffinata sequenza sotterranea?
LORENZO PONE: Si tratta di una serie di taciti omaggi a persone e luoghi importanti nella mia vita. Ancora una volta Francesco Mariani e Paul Badura-Skoda, le mie figure di riferimento, i miei mèntori: in più di un’occasione si sono anche incontrati di persona. Il recital al San Carlo cade proprio il 6 ottobre, giorno del compleanno di Badura-Skoda: suonerò per lui, per quello che mi ha dato, per avermi fatto scoprire la libertà interpretativa, un modo forse dimenticato di approcciare il pianismo (come è noto, purtroppo il maestro Badura-Skoda è scomparso il 25 settembre a Vienna, città dove era nato il 6 ottobre 1927, e il concerto del San Carlo, a lui dedicato, si è trasformato in un omaggio alla sua memoria. N.d.r.). E suonerò per Mariani. Tutto quello che è avvenuto nella mia vita lo devo a lui, alla sua dedizione, alla sua didattica: è un uomo che mi ha insegnato molto più che il pianoforte. Poi c’è la memoria di Massimo Parlato, grande medico, musicofilo e amico di famiglia scomparso lo scorso febbraio; eravamo amici, nessuno più di lui ha creduto in me: vedermi al San Carlo era un suo sogno. E poi c’è proprio il San Carlo. Ci sono entrato per la prima volta a nove anni e ora mi accoglie, una grande gioia per me: vedere il mio nome in programma con Riccardo Muti, Cecilia Bartoli, Zubin Mehta, Valery Gergiev, Maxim Vengerov: una grande responsabilità! La Sovrintendente Rosanna Purchia, il Direttore Artistico Paolo Pinamonti, la General Manager Emmanuela Spedaliere sono stati magici nel farmi sentire a casa, accolto e benvenuto: a loro va la mia gratitudine attraverso il brano d’apertura, tratto dalle Sonate di Ludovico Giustini, pubblicate negli stessi anni di fondazione del San Carlo. È una musica notturna e lunare, e ha in questo un sound napoletano che credo apra bene la strada ai Préludes di Debussy e ai celebri Notturni op. 15 di Chopin. Concludo con Haydn e Beethoven, ancora un omaggio alla Vienna di Badura-Skoda e a Cordelia Höfer-Teutsch, la mia impagabile insegnante al Mozarteum. Voglio anche menzionare Elisabeth Gutjahr, la nostra Rektorin all’Universität Mozarteum di Salisburgo: il sostegno e il supporto da lei ricevuti hanno giocato un ruolo essenziale nel farmi arrivare tranquillo a questo evento.


GDS: Cosa pensi della musica prodotta oggi? Tu sei un pianista/compositore, quindi hai dato corpo a immagini interiori non soltanto attraverso il gesto interpretativo. Ci sono “le musiche”, cui assegnare identica dignità e valore, o “la musica”, autarchica seduttiva regina estetica?
LORENZO PONE: Beh, devo dire che l’immagine di una musica come “autarchica seduttiva regina estetica” mi affascina molto! Una regina che regna su un regno vastissimo, variegato e tutto ancora da scoprire. Personalmente, riconosco dignità e valore alle “musiche”, a tutte le musiche che presuppongono e richiedono un impegno emotivo: attenzione, non ho detto un impegno intellettuale, ma un impegno emozionale. Emozionarsi richiede impegno, implica l’ascolto, significa riflessione: tutta la musica che non emoziona, annoia. Ma questo include tutti i linguaggi e tutte le epoche: c’è sempre stata la buona e la cattiva musica. Quando penso alla musica come a un territorio ancora tutto da scoprire, penso alle infinite possibilità che oggi, forse oggi più che un tempo, i linguaggi musicali ci offrono: raccogliere da qualsiasi evenienza suggestioni e “odori”; usare finalmente in funzione espressiva le risorse portate alla luce dalle sperimentazioni; mescolare luoghi, tecniche e grammatiche. La musica dovrebbe sempre essere evocazione di un “altrove”.


GDS: Progetti discografici futuri?
LORENZO PONE: Sto lavorando concretamente su tre idee. La prima, la produzione discografica di alcune delle registrazioni che ho realizzato e realizzerò ancora, quattro giorni dopo il San Carlo, a Lisbona presso la radio nazionale portoghese. Nel 2014 (e di nuovo nel 2019) ho ricevuto l’RTP Classical Award, premio assegnato dall’emittente portoghese specializzata in contenuti musicali. Ne è scaturito che tutti i miei live in Portogallo sono stati trasmessi in diretta in 33 paesi, e in più incisi dalla stessa RTP. Le registrazioni sono di alta qualità audio: sto lavorando a un disco che raccoglie i miei migliori live lisboneti, in uscita il prossimo anno. Con la Gramola di Vienna lavoriamo attivamente a un’incisione che si vale di uno strumento eccezionale, un grancoda Schweighofer dei primi del ‘900 su cui ho già inciso il brano di Rachmaninov che si può trovare su YouTube, un pianoforte magnifico, con un suono speciale: repertorio “viennese” naturalmente, Mozart, Schubert, Brahms, Beethoven. Last but not least, un progetto che raccoglierà alcuni tra i brani finora mai incisi che compaiono in un saggio edito lo scorso anno dalla rivista internazionale D.A.T., intitolato Il volto gelido di Napoli. Si tratta di una disamina del tutto personale sul panorama di musica pianistica contemporanea che ha marcato la realtà napoletana: compositori della mia generazione, o precedenti, comunque attivi nel contesto nazionale e internazionale. Proprio in questi giorni il saggio, rivisto e aggiornato, uscirà per D.A.T. tradotto in Inglese. E poi ci sono i concerti: dopo aver vinto il London Gateway’s nel 2018 e aver ricevuto il SJSS Award 2019, con la mia agenzia si discute della Cina, dell’Australia e di nuovo degli States, dove sono stato nel 2015. Come tappe sicure dopo il San Carlo e Lisbona, ci saranno la Berlin Philharmonie, Vienna, di nuovo l’Italia, poi Bruxelles, Portogallo e Spagna, un posto che adoro. Ma la cosa più emozionante è essere nella mia città, a Napoli, suonare nel teatro più antico del mondo e per la mia gente: la tappa più bella del mio viaggio.

Lorenzo Pone con Elisabeth Leonskaja al Festspielhaus di Salisburgo – maggio 2019
Lorenzo Pone

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *