Ritorneremo a come eravamo diventati o fonderemo un nuovo Umanesimo?


di antonio de simone | sociologo


Un pensiero, una domanda, un’emozione, in questo periodo frequentemente si coglie nell’aria, alberga nella nostra mente. Per alcuni sta diventando una prospettiva, un nuovo orizzonte da scoprire; per altri, tanti, soprattutto un rimpianto, l’aver perduto cose, situazioni, certezze che potrebbero non riproporsi, non ritornare più. Il perché, il come, ci percepiamo disorientati, impauriti davanti a questa situazione, ad un tale cambiamento di riferimenti è facile da comprendere!

Tutto nasce e si riferisce alla parte più arcaica del nostro sentire, la paura del nuovo, del non noto, dello sconosciuto. Questa propensione è una costante del nostro vivere quotidiano, non é mai messa in discussione, è data come se fosse naturalmente fusa con la stessa vita, inscindibile. Essa è stata confermata dalle conoscenze che abbiamo acquisito riguardo alla nostra evoluzione. Per meglio dire, siamo a consapevoli di quali proprietà celebrali, ereditate dai nostri antenati, una volta arrivate a noi, si siano evolute, atrofizzate e conservate. Si è arrivati alla conclusione che, la parte del cervello a cui stiamo facendo riferimento, quella rettile, la più arcaica e la maggiormente conservata, è identificabile con l’amigdala, attraverso di lei ritroviamo le emozioni, grazie a lei attiviamo le reazioni. Ciò non ci fa comprendere la natura delle nostre abitudini, dei comportamenti che invece sono frutto di un’organizzazione sociale e prima ancora, individuale: su di loro la ragione domina, dirige. Diciamo che la ragione organizza la società come oggi la conosciamo, ne indirizza scelte che dovrebbero rafforzarne gli aspetti della convivenza attraverso le leggi, della sopravvivenza e dello sviluppo attraverso l’economia; ne traccia le linee e ne prospetta gli obiettivi. Stiamo, ovviamente, parlando della razionalità di poche, illuminate menti, riconosciute, scelte, identificabili con chi occupa i piani più alti della scala sociale; questi ultimi, da qualche decennio, appartengono alla grande finanza. Così si spiegano certi indirizzi economici, il fatto che sono incentivate alcune scelte con investimenti e leggi a supporto; gli input per far potenziare alcuni settori, per vendere o riconvertire altri rami di attività, per chiuderne o svenderne altri ancora, quelli considerati improduttivi. Tutto risponde a logiche, a ragioni valutate e promosse da chi sceglie, comanda.

La maggioranza/massa è stata indotta a credere che agiscano per il loro bene e che, se vuole conservare o migliorare il proprio tenore di vita, deve accettare tutto quello che gli è chiesto di fare. Di qui il passo è breve, farsi guidare da specialisti esperti in quanto, come Massa, lontani dalla camera dei bottoni, non siamo in grado di comprendere le profonde motivazioni che sottengono a queste scelte. Per quanto riguarda la minoranza, quando intuisce, intravede i rischi, i pericoli che quelle decisioni implicano, di fatto si comporta come se fosse meglio accettarle, condividerle, come se avesse il timore di destabilizzare, di alterare lo status quo al punto di spingere la società verso l’incertezza se non l’anomia! La mia impressione è che, nelle ultime settimane, questo patto psico-sociale si sia incrinato, stia registrando ripensamenti e, potenzialmente, anche delle defezioni. E’ comprensibile che sia in atto un attacco della ragione, stanno sorgendo dubbi, curiosità in chi, nel vivere in aree ad alto rischio e/o nel consultare i dati riguardanti l’epidemia, osserva e si pone domande sulla mappa della sanità italiana. Come passaggio successivo si vorrà comprendere il perché si stanno riscontrando molte più infezioni e verificando più decessi in alcune zone del nostro Paese, in particolare in una sola regione.  Che questi dati così diversi, che questa casistica, siano imputabili a differenti scelte strategiche organizzative è evidente a tutti, sorge l’interrogativo se ciò sia avvenuto, prima di tutto, per raggiungere i migliori risultati o se, con certe scelte, si volevano avvantaggiare logiche di profitto e interessi privati; in quest’ultima ipotesi si sarebbe stati ben lontani dal perseguire la salvaguardia della salute per tutti, come è previsto dalla Costituzione Italiana (difesa nella sua integrità dal popolo nel recente consulto referendario). Chi vuol farsi un’idea più precisa può accedere, senza problemi, a varie fonti, quelle di cronaca e quelle giudiziarie (predisposte per essere consultate anche online). Uno sguardo ad alcuni numeri che ritengo significativi: su 23.660 Persone venute a mancare in Italia addebitabili al Covid 19 (dati aggiornati al 19.04.), il 51,62% (12.213) si verifica in Lombardia; in Veneto, Piemonte ed Emilia e Romagna sono rispettivamente, il 4,59% (1.087), il 9,85% (2.331) ed il 12,78% (3.023). Anche il rapporto tra casi totali registrati e decessi conferisce alla Lombardia il valore più alto, il 18,43%, contro, rispettivamente, il 6,82% (Veneto), l’11,07% (Piemonte) ed il 13,40% (Emilia e Romagna). Negli ultimi giorni questi trend si sono stabilizzati, le oscillazioni sono minime e poco significative. La Lombardia è anche un’eccellenza (Milano su tutte le altre provincie) avendo realizzato un sistema sanitario che per la qualità della sua offerta richiama pazienti da tutta l’Italia e da buona parte dell’Europa. Esso é stato costituito, con luci e ombre, utilizzando la cosiddetta formula “ospedali centrica”; questo sistema assegna alle strutture ospedaliere il compito di incrociare i pazienti; essi vi si rivolgono quando, dopo aver consultato, quasi esclusivamente per telefono (oppure online) il medico di base, prendono atto che necessitano di un intervento.

L’offerta è, ovviamente, mista  ma le imprese private sono molto ben rappresentate (Umanitas, San Raffaele, ecc.) e competono con il servizio pubblico nell’aggiudicarsi i finanziamenti prestazionali regionali. La Lombardia, nell’ultimo ventennio, ha tagliato significativamente gli investimenti nella sanità pubblica, del risultato ne hanno risentito i medici di famiglia e i poliambulatori, ridotti fortemente in numero e presenza sul territorio; si è anche favorito l’accorpamento e la chiusura di diversi ospedali pubblici. Altra strategia era stata adottata da regioni che avevano puntato a conservare una maggiore presenza dei medici  e dei presidi sul territorio. Come, ad esempio, il Veneto e l’Emilia e Romagna, che offrono, anch’esse, un’ottima assistenza sanitaria, pubblica e privata, il Lazio e la Campania, con maggiori problematicità delle prime due ma con altrettanta capacità di reagire con determinazione, attraverso le strutture pubbliche, a questa situazione molto speciale, ottenendo risultati soddisfacenti. Una valutazione negativa della scelta della Lombardia, la considerazione che, per il futuro bisognerà fare tesoro di tutto ciò e cambiare indirizzo, é condivisa da molti; questa opinione accomuna politici che avevano contrastato la scelta di puntare molto sul privato con alcuni di quelli che l’avevano sostenuta e determinata. La tesi opportunistica che pubblico equivale a inefficiente, scadente mentre privato è sinonimo di efficienza e qualità, abilmente indotta, in particolare negli ultimi decenni, sta franando miseramente sbugiardata dalla realtà; essa si che adesso ci sta mostrando come stanno effettivamente le cose! Questo sintetico chiaro-scuro ci richiama al tema di questo scritto, l’invito a fare delle considerazioni propedeutiche alle scelte per il futuro, ci aspettano nuovi scenari rispetto ai quali possiamo incidere. Se è vero che solo buone domande stimoleranno valide risposte chiedo a Voi e a me stesso: stiamo ben riflettendo su quale passato prossimo stavamo vivendo? Da quali abitudini-verità ci facevamo guidare? Erano tutte giuste, condivisibili o invece, abbiamo bisogno di qualcos’altro per essere più sani, fisicamente e mentalmente, più felici nella nostra Vita futura? In sintesi, quali valori vogliamo recuperare e rilanciare per mirare a quello che potrebbe essere un nuovo umanesimo?  Il dibattito, dentro e fuori di Noi, è aperto.                                                                                                                                                                                       

One thought on “Ritorneremo a come eravamo diventati o fonderemo un nuovo Umanesimo?

  1. Caro dott.re Antonio,
    il mondo è in continuo mutamento. Quando allineiamo noi stessi e la nostra mente originaria …il mondo risponde. La vita dello stato è complessa almeno quanto quella di un corpo, ma la prima non può avvalersi dei milioni di anni di aggiustamenti propri dell’evoluzione.
    Noi uomini siamo un esperimento cosmico in corso e se all’universo non importa nulla del risultato a noi “specie umana” è evidente che deve importare .
    E l’ allineamento tra noi stessi e la nostra mente originaria porterà in sé LA RISPOSTA….se solo noi uomini saremo capaci di farlo , prima individualmente , poi collettivamente…..per costruire un nuovo umanesimo. Buon risveglio a tutti noi e grazie per i numerosi spunti di riflessione suggeriti dall’articolo. COLOMBA MAZZA

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