COP27, un accordo all’ultimo minuto che forse non basta affatto a salvare il clima

Nel giorno in cui la Conferenza 2022 delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici era appena avviata l’Organizzazione Mondiale della Sanità lanciava il suo monito: “Si prevede che, tra il 2030 e il 2050, il climate change provocherà circa 250mila morti in più all’anno per malnutrizione”, malattie come “malaria e diarrea” e “stress da caldo”. Sembrava il monito giusto ma non è bastato a rendere più incisivi gli accordi sul clima. I risultati della conferenza COP27 deludono le aspettative europee: l’accordo sul clima è stato debole. Ma c’è l’ok ai rimborsi per i paesi poveri. COP27, il meeting dei big a Sharm El-Sheikh, si conclude ai tempi supplementari sforando di oltre 30 ore la sua durata ufficiale. Con una scelta a sorpresa i potenti del mondo hanno deciso di prolungare di un giorno i lavori della conferenza sul clima, date le difficoltà riscontrate nel trovare un accordo. E infatti l’accordo è stato trovato, ma a metà.


di francesco de rosa


Si prevedeva che due, in particolare, fossero in Egitto i temi più ostici della COP27. Uno era quello della costituzione di un fondo compensativo per i paesi maggiormente colpiti dal cambiamento climatico mentre l’altro era quello della condanna netta e definitiva dei combustibili fossili con conseguente riduzione dei gradi della temperatura del globo. L’ok al fondo compensativo c’è stato, ma sulle emissioni la strada resta in salita. Il documento finale di COP27 salva l’obiettivo della precedente conferenza, COP26 di Glasgow, ovvero mantenere il riscaldamento globale entro 1.5 gradi dai livelli pre-industriali. Nel documento si evidenzia l’importanza della transizione verso fonti rinnovabili e si esprime l’auspicio di eliminare i sussidi alle fonti fossili. Ma si tratta di un documento da più parti giudicato debole, dal momento che si chiede solo la riduzione dell’utilizzo del carbone per la produzione di elettricità con emissioni non abbattute. Non se ne chiede per nulla l’eliminazione. E pensare che diversi erano stati i paesi che avevano richiesto l’eliminazione totale dell’utilizzo dei combustibili fossili o, quantomeno, una sua significativa riduzione.

Così se l’obiettivo era quello di 1.5 gradi Celsius, cioè di non innalzare la temperatura media globale oltre 1.5 gradi Celsius rispetto all’epoca preindustriale tale obiettivo è sfuggito. Era stato lo stesso ragionamento alla base della COP26 di Glasgow poiché un innalzamento anche di pochi gradi avrebbe un impatto sul clima, sui ghiacciai, sulla biodiversità e sulla vita umana senza precedenti. Quell’obiettivo di 1.5 gradi, era stato fissato 7 anni fa, quando di anidride carbonica nell’aria se ne registrava decisamente meno. In Egitto si è riconosciuto che per arrivare a quell’obiettivo le emissioni andrebbero ridotte del 43% entro il 2030 ben consapevoli che con i trend attuali entro il 2030 si arriveranno a tagliare le emissioni di appena lo 0.3%. Per avere un risultato migliore tutti gli stati dovrebbero ridurre l’utilizzo di carbone.

“La COP27 di Sharm el-Sheikh deve salvaguardare gli obiettivi sul clima fissati alla COP26 di Glasgow. Già questo sarebbe un successo, perché al G20 abbiamo visto una forte propensione a fare marcia indietro” aveva detto Alessandro Modiano, Inviato speciale italiano per il cambiamento climatico, che aveva anche, alla vigilia dell’appuntamento egiziano, sintetizzato con un’analisi impietosa le premesse del meeting:

A cose fatte, la delusione dell’Unione europea sul clima è palpabile. Il capo delegazione dell’Unione europea, Frans Timmermans, l’ha espressa tutta quella delusione: “Accettiamo questo accordo con riluttanza. Gli amici sono veri amici solo se si dicono anche quello che l’altro non vorrebbe sentire”. E ancora: “Siamo orgogliosi di aver contribuito a risolvere il problema del Loss and damage, ma sulle riduzioni delle emissioni qui abbiamo perso una occasione e molto tempo, rispetto alla COP26 di Glasgow”.

“Da domani ci metteremo al lavoro per rimediare alla COP28 di Dubai. Siamo a 1.2 gradi di riscaldamento e abbiamo sentito in questi giorni quali effetti questo stia già provocando. Ma la soluzione – ha concluso Timmermansnon è finanziare un fondo per rimediare ai danni, è investire le nostre risorse per ridurre drasticamente il rilascio di gas serra nell’atmosfera”.

Delusa è anche l’Onu. Nella mattinata finale il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres anche quando ha espresso soddisfazione per l’istituzione del fondo compensativo non ha nascosto la sua delusione per i risultati della COP27 circa l’abbattimento delle emissioni: “Il nostro pianeta è ancora al pronto soccorso. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora, e questo è un problema che COP27 non ha affrontato”.

L’unica consolazione è il fondo Loss and damage che, letteralmente vuol dire ‘perdita e danno’. Si tratta del cosiddetto fondo compensativo con il quale gli stati ricchi dovranno rifondere i paesi in via di sviluppo per i danni causati dalla loro industrializzazione. In effetti questo accordo sul fondo è stato uno dei nodi cruciali della conferenza COP27 di Sharm El-Sheikh e uno dei temi che hanno visto estremamente animato il dibattito con la presidenza egiziana, guidata dal ministro degli Esteri Sameh Shoukry che ha posto la questione dei rimborsi in cima ai temi da trattare, sia per la sua importanza intrinseca, sia per il valore simbolico dato che il meeting si svolgesse in Africa. COP27 ha anche deciso la nascita di un comitato che deciderà quali sono i paesi economicamente deboli meritevoli di ottenere le risorse del fondo Loss and damage. Al comitato spetterà anche il compito di decidere quali paesi saranno a versare in quel fondo risorse per riempirlo. Il comitato riferirà l’anno prossimo alla COP28 di Dubai.

Si sono vissute ore di tensione quando, negli ultimi giorni del meeting, le organizzazioni ambientaliste sono entrate in possesso di bozze preliminari denunciando per questo l’incapacità e il disinteresse dei governi occidentali sul tema delle tematiche ambientali. Arduo inseguire per i paesi occidentali gli investimenti miliardari a cui sono chiamati e le concessioni ai paesi emergenti soprattutto nello scenario economico sorto all’indomani della pandemia dove inflazione e recessione incalzano e pesa, non poco, lo scempio della guerra fra Russia e Ucraina che mette in crisi la svolta green. Quella guerra infatti ha spostato letteralmente l’asse dei traffici dall’Europa alla Cina e ha innescato una crisi energetica e alimentare che solo un anno fa non si poteva prevedere.

Il capo delegazione dell’Unione europea, Frans Timmermans, aveva puntato a offrire ristori solo a una selezione di paesi considerati “più vulnerabili”. Per tale ragione Timmermans aveva sostenuto l’impossibilità di reperire le risorse necessarie per effettuare interventi negli oltre 100 paesi in via di sviluppo.

COP27 di Sharm El-Sheikh probabilmente passerà alla storia come il meeting che ha messo all’angolo la società civile poiché è stata una conferenza totalmente militarizzata dove nelle altre principali città egiziane vi è stato un aumento notevole dei controlli. Si è voluto da parte del governo egiziano permettere manifestazioni degli attivisti solo entro determinati spazi all’interno della cittadella di Sharm El-Sheikh mentre durante tutto il meeting le organizzazioni non governative chiedevano con forza di poter manifestare su tutto il territorio nazionale in un paese per il quale si consente di sciogliere anche con la violenza le manifestazioni pacifiche e di arrestare in massa i partecipanti. Non a caso quest’assenza di libertà di protesta ha indotto Greta Thunberg a non presentarsi a Sharm El-Sheikh contrariamente agli ultimi tre appuntamenti e sin da COP24 in Polonia, COP25 in Cile e COP26 a Glasgow. Un’assenza che si è fatta sentite e che è stata accompagnata dall’annuncio dato direttamente da Greta Thunberg che si è detta pronta a passare il testimone ad altri.

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