Avete capito bene. Da oggi si può donare la propria cacca

A darne notizia, in questi giorni, sono molte delle testate che dedicano il proprio impegno d’informazione alla ricerca scientifica e alla medicina. In Australia si può ufficialmente donare la propria cacca: è il primo Paese al mondo a regolamentare il trapianto di materia fecale, operazione che a volte salva la vita.


di saverio lo sapio


La parte più difficile del processo, come spesso accade, è trovare dei donatori: devono essere soggetti sani, non immunocompromessi, non affetti da patologie gastrointestinali croniche e non devono aver assunto antibiotici di recente. Lo spiega con dovizia Sam Forster, esperto del tema, dettagliando in termini semplici un meccanismo che potrebbe destare diffidenze, persino, ilarità. E parla dei donatori quando «l’intestino, danneggiato dagli antibiotici o da altri trattamenti, diventa come una foresta pluviale rasa al suolo in cui spuntano i “germogli” di batterio Clostridium difficile, che iniziano a produrre tossine». In quei casi effettuare un trapianto di materia fecale equivale dunque a riforestare la zona, impedendo alle “erbacce” di prosperare.

Si tratta di un procedimento piuttosto semplice: «una volta raccolta, la materia fecale dei donatori viene frullata (letteralmente!) e sottoposta a test per assicurarsi che non siano presenti patogeni. Il passo successivo è prelevarne un campione e inserirlo nel tratto gastrointestinale del paziente attraverso un colonscopio. Per ora questo è l’unico metodo disponibile, ma BiomeBank sta lavorando a una pastiglia che potrebbe essere assunta oralmente. In effetti, Nell’intestino di ognuno di noi vi è un microbiota composto da migliaia di specie di batteri, virus, funghi e altri microrganismi: quest’ammasso di materia può arrivare a pesare 2 kg».

Accade oggi in Australia, il primo Paese al mondo ad approvare un prodotto derivato dalla materia fecale di donatori, la cacca insomma, che verrà utilizzato per effettuare trapianti di materia fecale (faecal matter transplant, FMT) di soggetti sani nell’intestino di pazienti malati. Il trattamento può applicarsi solo per chi ha contratto un’infezione da Clostridium difficile (anche detta colite associata ad antibiotici), una malattia potenzialmente mortale che provoca una diarrea grave e si diffonde spesso negli ospedali. Lo si legge a chiare lettere con tanto di annuncio dell’approvazione da parte della Therapeutic Goods Administration (TGA, il corrispettivo australiano della nostra Agenzia Italiana del Farmaco, AIFA) sulle pagine della comunicazione ufficiale di BiomeBank, azienda produttrice del “farmaco” biologico. In effetti ciò che accade con FMT non è una novità Nella stessa Australia si pratica da anni, e recentemente anche in USA la FDA, ente che regola i prodotti alimentari e farmaceutici è arrivata a consigliarle. In futuro occorrerà creare una versione artificiale della materia fecale, che cioè si può riprodurre su larga scala e con tutte le giuste caratteristiche adatte a combattere malattie specifiche: «La nostra principale ambizione è creare una versione del prodotto coltivata in laboratorio»spiega al Guardian Sam Costello, amministratore delegato di BiomeBank, sottolineando come questa innovazione permetterebbe di non dipendere più dai donatori. Ciò in relazione al fatto che il microbiota intestinale, soprattutto nei Paesi occidentali, è sempre più danneggiato dai cambiamenti nell’ambiente e nella dieta. A riguardo diversi studi hanno rilevato una correlazione tra il microbiota e la salute mentale, il cancro, l’immunità, l’obesità ed altre malattie. Come dire, si è dimostrato ciò che dicevano gli antichi: che l’intestino è il secondo cervello, quello che condizione la salute dell’intero corpo umano.

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