di francesco de rosa


Una scuola con alunni che non sanno leggere. Che non sanno di scienze, di lingue straniere, di matematica. Con insegnanti demotivati perché si ritengono sotto pagati. Con genitori distratti ed altrove ma spesso scontenti dei risultati raggiunti dai loro figli. Una scuola dove l’integrazione con alunni stranieri invece che essere vista e vissuta come una ricchezza si trasforma in ostacolo o, peggio, in omologazione al basso. Intanto, a luglio scorso, nello stesso anno 2019 che ha registrato più di una voce critica verso la scuola italiana, il risultato (ed il giudizio) venuto fuori dai test Invalsi sono stati netti. “Il 35% degli studenti di terza media non capisce un testo d’Italiano. E al Sud 8 su 10 in ritardo sull’Inglese”. Nonostante i leggeri miglioramenti per matematica e lingue alla secondaria di primo grado, l’Istituto di valutazione che gestisce i test Invalsi non ha avuto dubbi: “Il Meridione ha studenti in grande sofferenza”. Il ministro Bussetti (di allora) definì quei risultati: “Motivi di preoccupazione”. Nel frattempo il ministro è cambiato ma la musica, è il caso di dire, non poteva che rimanere la stessa. Nel frattempo, gli insegnanti italiani si lamentano di essere i peggio pagati, che lavorano in strutture fatiscenti, che devono subire la angherie dei genitori così spesso irrispettosi verso il ruolo dei docenti. Così, tra l’attesa di un concorso che immetterà in ruolo altri docenti, il giro di valzer degli incarichi a supplenza ancora troppo alti, la realizzazione del turn/over con giovani presidi (oggi dirigenti) che sostituiscono quelli nella età della pensione, le riforme che non fanno nemmeno in tempo a completarsi quando ne arriva una nuova la cui missione è distruggere quelle approvate da governi precedenti, la scuola italiana deve incassare un altro giudizio negativo dopo quello venuto, nel marzo del 2018, dalla Varkey Foundation, l’ente benefico per l’istruzione globale, che intervistò oltre 27.000 genitori di 29 Stati.

Questa volta la nota dolente arriva da una rilevazione “OCSE-Pisa” per la qualegli studenti italiani, in quanto a competenze e conoscenze non migliorano affatto. Anzi peggiorano decisamente. Nella lettura, soprattutto. Nella capacità di comprendere un testo, valutarlo e utilizzarlo all’interno di un percorso cognitivo e divulgativo. Emerge anche che la lettura non è affatto l’unico punto debole degli studenti italiani. Essi sono “sommamente” somari nella conoscenza scientifica e scienze è la materia nella quale presentano immense lacune. La scuola italiana resta al di sotto della media dei Paesi OCSE.

La ricerca “OCSE-Pisa” ha misurato la preparazione degli alunni di 15 anni di 79 Paesi tra cui 37 appartenenti all’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico tra Stati del mondo. Un quadro scoraggiante dove 11.785 ragazzi di 550 scuole diverse hanno ottenuto un punteggio totale di 476, ossia 11 punti in meno rispetto alla media OCSE. Sullo stesso livello di Lettonia, Ungheria e Lituania che non hanno nulla da invidiare all’Italia. dove si conferma anche la differenza tra nord e sud Italia: un divario emerso a chiare lettere. L’indagine internazionale dell’Ocse che si viene effettuata ogni tre anni rileva le competenze degli studenti di 15 anni in lettura, matematica e scienze. Così gli 11.785 studenti suddivisi in 550 scuole in totale dovevano far valere le loro conoscenza e la preparazione in queste discipline. Meno peggio è andata in matematica dove il livello di conoscenza è risultato essere un tantino migliore se paragonato a quello del lontano 2009 dove comunque i risultati del report furono negativi. Il 24% degli studenti non ha raggiunto il livello 2, ossia quello di base, mentre solo il 10% ha raggiunto i livelli di eccellenza 5 e 6. In questo campo i ragazzi hanno ottenuto un punteggio superiore rispetto alle ragazze. Uno studente italiano su 4 non raggiunge, invece, in scienze neanche il livello base delle competenze richieste.

Nel campo della lettura, invece, le ragazze hanno ottenuto punteggi migliori: per “lettura” si intende la capacità degli studenti di comprendere e utilizzare i testi per raggiungere i propri obiettivi e partecipare alla società. In questo campo, gli studenti italiani hanno ottenuto un punteggio medio di 476inferiore alla media Ocse pari a 487, e si collocano così tra il 23esimo e il 29esimo posto dei paesi che hanno partecipato all’indagine. In generale, gli studenti italiani hanno totalizzato punteggi nettamente inferiori rispetto a quelli degli altri paesi. 

Francesco Avvisati, un ricercatore dell’Ocse, raggiunti dai colleghi dell’Agi, ha provato a spiegare i risultati negativi attribuendo per intero la “colpa” alla scuola. “Nella lettura e nelle scienze il livello tende a calare – ha spiegato Avvisatiperché c’è bisogno di un aggiornamento continuo dei contenuti e delle modalità di insegnamento ma in Italia il cambiamento è più lento rispetto ad altri paesi. La nostra scuola è immobile”.

Ci deve sicuramente preoccupare – ha aggiunto il ricercatore Ocse – il calo della preparazione scientifica e della capacità critica degli alunni italiani perché il calo non proviene dagli studenti meno bravi, ma proprio dai più bravi. Inoltre, rispetto a dieci anni fa il mondo è diventato più complesso, ed è cresciuta la richiesta di competenze scientifiche diffuse e di capacità critica di lettura”.

Lo scorso anno, era il marzo del 2018, l’Italia era al 34esimo posto nel mondo per la qualità della sua scuola ed il giudizio, quella volta, venne dai genitori e fu impietoso, secondo un sondaggio realizzato su 29 Stati. 

Alex Corlazzoli, docente, giornalista e ricercatore che ha dedicato molta sua attenzione proprio alla scuola all’interno della quale lavora, provò già un anno fa a capire da dove potesse venire questo giudizio negativo. “La scuola italiana – scrisse – è sempre la stessa. Non migliora mai e non prepara adeguatamente i ragazzi al futuro. Dovrebbe avere una visione più internazionale, usare maggiormente la tecnologia, dotarsi di un piano di studi al passo con i cambiamenti. La fotografia arriva dalla “Varkey Foundation”, l’ente benefico per l’istruzione globale, che ha intervistato oltre 27.000 genitori di 29 Stati, producendo il report più completo mai condotto fino ad oggi sugli atteggiamenti dei genitori di tutto il mondo in relazione all’istruzione dei propri figli ed al loro futuro”.

“Il quadro che ne esce sull’Italia – continuò Corlazzoli – è a tinte fosche. Solo un genitore italiano su cinque (21%) ritiene che gli standard educativi della scuola siano migliorati negli ultimi dieci anni. È il quarto valore più basso, insieme al Giappone (21%), dopo Russia, Sudafrica (20%), Germania (19%) e Francia (8%). C’è di più: oltre la metà (56%) dei genitori ritiene che gli standard educativi, nello stesso periodo, siano peggiorati. Mamme e papà bocciano le aule e gli insegnanti italiani: solo il 34% ritiene che la qualità delle scuole pubbliche in Italia sia buona, risultato complessivamente in linea con la classifica dell’indagine PISA che vede l’Italia al 34esimo posto su 70 nazioni. Il 31% considera la qualità dei nostri istituti scarsa o molto scarsa: la cifra più eleata tra le cinque maggiori economie dell’Ue”.

Eppure sorprende che arrivi dai genitori, spesso troppo disattenti e “scollati” rispetto alla vita della scuola, un giudizio così negativo. La caduta libera della scuola italiana è frutto di molte cose: della cattiva politica che ha voluto trasformare le scuole italiane in “aziende” e gli alunni in clienti dove, come per Paolo Crepet, si boccia troppo poco e spesso non si è per nulla preparati. Una caduta libera che è frutto anche della poca preparazione di tantissimi insegnanti che nella scuola hanno trovato un ammortizzatore sociale, un modo per trovare lavoro dove manca del tutto. Non meno responsabilità hanno proprio i genitori e le famiglie che, non di rado, sono cattivi “maestri” a casa e non educano affatto al rispetto dei ruoli e al lavoro degli altri. I casi di genitori che vanno a scuola a picchiare i dicenti quando a loro sembra che i loro figli siano stati maltrattati e abbiano avuto voti bassi. I declino della scuola italiana dipende da molte cose e ciò che più preoccupa è che non si intravvedono inversioni di marcia. La cultura, la preparazione sono diventati per tanti una perdita di tempo, qualcosa di inutile tranne quando nel confronto con i loro simili gli studenti ritornano ad essere gli ultimi anche quando pensavano di essere i primi nelle lingue straniere, in matematica, in scienze e in tante altre discipline senza le quali è meglio restare a casa. Controcorrente, come vedrete nel servizio giornalistico in coda, i risultati della scuola di un posto d’Italia più vicino al nord Europa, in quel territorio altoatesino dove l’incontro di lingue, culture e storie avviene da sempre.