Niente Nobel: quando il ‘vizio’ punisce i virtuosi

La decisione dell’Accademia di Svezia di posticipare l’assegnazione del Nobel per la letteratura 2018 al prossimo anno, in seguito alle accuse di molestie sessuali ricadute sul marito di una giurata, Jean Claude Arnault, riporta in auge il tema della violenza nei confronti delle donne. Esso è certamente affrontato dall’opinione pubblica, talvolta con una retorica poco esplorata e molto propagandata, e riceve dai casi di cronaca momenti di grande esposizione. Il New York Times e il New Yorker  hanno conquistato il premio Pulitzer  grazie alle inchieste sulle molestie sessuali legate al caso Harvey Weinstein, ed il  Washington Post per le sue indagini su Roy Moore, candidato al Senato in Alabama per il Partito Repubblicano, accusato di molestie sessuali su donne minorenni. Si tratta di riconoscimenti che hanno esaltato il merito di aver dato estrema risonanza ad un tema delicatissimo, perché coinvolge l’ideologia della prevaricazione di genere, dell’equilibrio di potere in dinamiche lavorative oltre che del rispetto del corpo femminile.

Non ci attarderemo sull’importanza delle denunce di cui si è fatto bene ad esaltare la necessità, supportando l’urgenza di un valido sostegno psicologico alle vittime di molestie e stupro, che vittime restano anche quando trascorrono anni dal caso alla denuncia, perché non è possibile sindacare sul travaglio interiore di chi non riesce ad esprimere nell’immediato un dolore rendendolo ‘pubblico’. Tuttavia, non è parimenti rispettosa la demonizzazione dell’uomo, la sterile riduzione ad unicum di un universo di situazioni differenti e problematiche. Il caso Weinsten ha scosso per mesi l’opinione pubblica ed ha coinvolto una molteplicità di uomini illustri, da Kevin Spacey e Dustin Hoffman fino all’italiano Giuseppe Tornatore. Senza scendere nel dettaglio delle singole questioni, è evidente che i media hanno un enorme potere di persuasione, e nel centone dei molestatori si fa presto ad entrare se il tema cavalca l’onda emotiva. Anche la più meschina accusa, fatta a volto coperto e senza chiare indicazioni cronologiche può portare al patibolo mediatico un volto noto del nostro tempo, un uomo che potrebbe scoprirsi irreprensibile solo dopo moltissimo tempo, quando il tema ha cessato di essere virale.

Avere a cuore la dignità delle donne e degli uomini deve significare combattere le insidie fisiche e psicologiche con coscienza, partendo dalla volontà di fare chiarezza, di stigmatizzare in maniera tenace la deplorevole condanna dell’uomo ad ogni costo, e distinguendo le accuse fondate dalle illazioni. Ma soprattutto comprendendo che la difesa dei diritti non deve mai fare distinzioni sessuali e deve avere un’unica poderosa arma, la cultura. A cosa e in che misura servirà l’aver impedito ad un evento letterario di aver luogo? Quale effettivo messaggio mandiamo se le accuse – gravissime, ma non avvalorate ancora da una sentenza – al marito della giurata Katarina Frostenson, hanno il potere di bloccare l’omaggio alla letteratura, che è esso stesso amore la per la conoscenza, armonia dei sentimenti che l’arte indaga e scandaglia più di qualsiasi analisi, consentendoci di entrare in un io malconcio e di ristrutturarlo nel profondo. Come si può restaurare la credibilità etica e morale, se non con l’esempio di una scrittura che diventa classico per la sua bellezza intrinseca, per la forma pregna di un senso pieno, perché proprio di un autore e al contempo di ogni uomo. La letteratura, che è medicina della mente, che è l’insieme dei mondi possibili, dovrebbe altresì essere la risposta a qualsiasi attestazione del degrado umano, e la scelta dell’Accademia sembra una punizione per i virtuosi, piuttosto che per gli immorali, una condanna che colpisce chi di quel premio indirettamente si ciba, ovvero la grande comunità dei lettori.

Senza tralasciare che le accuse pendono sul coniuge di una giurata e non sulla giurata stessa, potremmo inoltre domandarci quanto l’immoralità pesi nel giudizio artistico, quanto lo influenzi negativamente, giacché la storia ci ha consegnato artisti di ineffabile valore, ma di scarsa rettitudine. È certamente lodevole la volontà di mostrare una ferma condanna alla violenza sessuale, ma si spera che lo si faccia punendo i colpevoli, non l’arte. Il Premio esiste dal 1901 e si è fermato solo nei periodi di grande difficoltà, ad esempio quando la guerra ne ha impedito l’organizzazione dei lavori: nel 1914, 1918, 1935 e poi dal 1940 al 1943. Per la prima volta esso è stato posticipato, ma se la letteratura è riuscita a sopravvivere alla morte della guerra, certamente riuscirà ad essere sostegno imprescindibile per la difesa dei diritti di ogni donna e di ogni uomo.

 

paola guadagno

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