Studio sul volo degli storni. Da Giorgio Parisi a Leonardo, da Leonardo a Giorgio Parisi

Poco più di cento anni fa veniva ricomposto integralmente il “Codice sul Volo” di Leonardo da Vinci. Il prezioso manoscritto viene conservato nella Biblioteca Reale di Torino che per l’occasione è stata protagonista di un video del MiC. Il documentario, ideato e realizzato dall’Ufficio stampa e comunicazione, rivela il contenuto del Codice e ripercorre alcuni degli episodi più singolari che lo hanno portato a far parte del fondo librario della Biblioteca Reale di Torino.


di francesco de rosa |


Galeotto è stato un libro di Giorgio Parisi dal titolo “In un volo di storno”, il suo recente Premio Nobel per la fisica, i suoi studi sui voli degli uccelli e sugli storni che di uccelli ne hanno a migliaia. Cambiano direzione, si muovo assieme. Che cosa non c’è in un volo di storno? Giorgio Parisi è stato straordinario alimentando a piene mani gli studi che si stanno compiendo alla Sapienza di Roma. Il rimando del tutto naturale ed immediato è andato sin dal primo momento a Leonardo da Vinci e al suo genio. Non a caso le ricerche  di Leonardo miravano a realizzare una chimera, quella di far volare gli umani, che il genio fiorentino inseguì a lungo. Provò a costruire una macchina che permettesse all’uomo di librarsi in aria.

Nessuno poteva pensare che i suoi studi, compiuti più di cinque secoli fa, conservano ancora oggi grande valore: “Il Premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi – racconta Enrica Pagellaha spiegato come ricerche attuali in corso alla Sapienza di Roma e alla Normale di Pisa consentano di interpretare alcune attitudini sociali studiando il comportamento degli uccelli in volo, in particolare quello degli storni. Ancora oggi ci si interroga contemporaneamente sul destino degli uomini attraverso l’osservazione di ciò che ci circonda”. E lo dice in un racconto di cortometraggio appena realizzato che riporta all’attenzione per l’attualità e l’eco con Parisi, il famoso “Codice sul Volo”, scritto con la tipica scrittura leonardesca e cioè da destra verso sinistra. Quei suoi appunti che assomigliavano quasi ad un block notes prima maniera sui quali Leonardo si annotava molte cose attorno alle sue intuizioni. Accade anche con il “Codice sul volo” dove la parte scritta ad appunti venne arricchita con vari disegni e diversi abbozzi. Miravano a capire come preparare nuove macchine ed invenzioni. Vere e proprie illustrazioni esplicative che non avevano nessuna finalità decorativa. Uno studio che Leonardo riprese più volte. La prima a fine Quattrocento quando viveva a Milano e si fermò soprattutto sull’aspetto meccanico che l’azione del volo richiede. Ma anche su quello che determinava in concreto la possibilità di volare;: le ali e la loro conformazione. In quella sragione capì che non poteva attingere a materiali sufficientemente leggeri ma anche altri ostacoli si frapposero e furono tali da fargli accantonare quel sogno. Li riprese nel 1503 quando tornò a Firenze.

I nuovi approfondimenti – afferma Giuseppina Mussari anche nel video realizzato – portarono a una scoperta tutt’altro che secondaria per un uomo del Cinquecento: l’aria aveva in qualche modo una sua consistenza ed era anche quella consistenza a sostenere gli uccelli in volo, non solo la struttura delle ali”, afferma Giuseppina Mussari Direttrice dei Musei Reali di Torino. In quella occasione, Leonardo disegnò numerosi rapaci, in particolare nibbi, gli uccelli predatori che sono particolarmente dotati di ali molto grandi tali che permettono di sfruttare le correnti ascensionali. Il “Codice sul volo” si compone anche di alcuni disegni a pietra rossa dove si vedono soggetti dal vero. O anche un progetto architettonico per una villa probabilmente mai realizzata. Ed infine l’unica scritta leonardesca non rovesciata: una lista della spesa composta da vari prodotti alimentari con i rispettivi prezzi.

Ricomposto e donato nel 1893 al re Umberto I dagli studiosi Giovanni Piumati e Theodor Sabachnikoff, a cui capitò di trovarlo per caso del tutto incompleto presso un mercato d’antiquario, il piccolo quaderno che ci compone di trentotto pagine iniziò a far parte da quel momento della Biblioteca Reale di Torino. Nel 1920 venne totalmente ricomposto con l’omaggio di quattro fogli mancanti trovati e donati dal ginevrino Henri Fatio a Vittorio Emanuele III.

Come osservato da Giuseppina Mussari, la Direttrice dei Musei Reali di Torino: “Questo è un piccolo esempio che testimonia la consistenza del patrimonio che conserviamo nei musei e nelle biblioteche, che sebbene possa restare silente in alcuni periodi, in altri riemerge con forza. Sono forme carsiche, vale la pena di conservarle perché sappiamo che ogni oggetto e ogni libro ha un futuro. Le parole dei libri e il linguaggio delle immagini si intersecano in un’idea di sapere che fa della Biblioteca Reale di Torino un grande strumento di conoscenza e arricchimento per tutti i cittadini, fondamentale per disegnare il nostro futuro”.

Vi riproponiamo qui il video ideato e realizzato dall’Ufficio stampa e comunicazione, rivela il contenuto del Codice e ripercorre alcuni degli episodi più singolari che lo hanno portato a far parte del fondo librario della Biblioteca Reale di Torino.

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