L’eredità (inascoltata) di Primo Levi a cento anni dalla sua nascita

Il razzismo non è affatto finito. Nemmeno l’odio che portò nei campi di concentramento Primo Levi a cent’anni dalla sua nascita. Un’occasione per parlare, come accade da gennaio di quest’anno, in tante parti del mondo, della sua eredità (inascoltata). Il prossimo 26 novembre (e sarà una delle poche date in Campania) se ne parlerà anche alla Feltrinelli di Pomigliano d’Arco (Napoli) grazie a Giuseppe Mosca, Aurelio Cerciello e Suzana Glavaš .


Nell’anno del centenario della nascita di Primo Levi si susseguono, in tante parti del mondo, le iniziative (convegni, presentazione di libri, monografie, mostre e persino percorsi di lettura tra le sue opere) dedicate all’esperienza e alla eredità dello scrittore torinese passato alla storia, suo malgrado anche per la deportazione che ha dovuto subire sotto il nazi/fascismo. Basterebbe andare a guardare, qui, sul portale del Centro internazionale di studi a lui dedicato per capire come è diffusa nel mondo l’attenzione a ciò che Levi ha vissuto e lasciato dopo la sua morte tragica sulla quale, a ben dire, sono in tanti a non aver creduto che si sia suicidato quell’11 aprile del 1987, lui che così tanto amava la vita. O forse è stato proprio quello passato al vaglio tragico dell’esperienza di un lager di concentramento che lo ha ucciso se c’è chi crede che sia accaduto poiché “probabilmente Primo Levi era lacerato dalle strazianti esperienze vissute e dal quel sottile senso di colpa che talvolta, assurdamente, si ingenera negli ebrei scampati all’Olocausto: di essere cioè “colpevoli” di essere sopravvissuti”.

Era nato a Torino Primo Levi il 31 luglio del 1919. Di origini ebraiche, ha descritto in alcuni suoi libri le pratiche e le tradizioni tipiche del suo popolo e ha rievocato alcuni episodi che vedono al centro la sua famiglia. Nel 1921 nasce la sorella Anna Maria, cui resterà legatissimo per tutta la vita. Cagionevole di salute, fragile e sensibile, la sua infanzia è contrassegnata da una certa solitudine a cui mancano i tipici giochi condotti dai coetanei. Nel 1934 Primo Levi si iscrive al Ginnasio – Liceo D’Azeglio di Torino, istituto noto per aver ospitato docenti illustri e oppositori del fascismo come Augusto Monti, Franco Antonicelli, Umberto Cosmo, Zini ZiniNorberto Bobbio e molti altri. Si dimostra un eccellente studente, uno dei migliori, grazie alla sua mente lucida ed estremamente razionale. A questo si aggiunga, come poi dimostreranno i suoi libri, una fantasia fervida e una grande capacità immaginativa, tutte doti che gli permettono di brillare sia nella materie scientifiche che letterarie. In prima Liceo, fra l’altro, ha per qualche mese come professore d’italiano nientemeno che Cesare Pavese. Fu evidente in Levi, già in quegli anni, la predilezione per la chimica e la biologia, le materie del suo futuro professionale. Dopo il Liceo si iscrive alla Facoltà di Scienze alla locale Università (dove stringerà amicizie che dureranno tutta la vita); si laurea con lode nel 1941. Sull’attestato trovò scritto la dicitura “Primo Levi, di razza ebraica” tanto che non potette non commentare poco dopo con rammarico: “[…]le leggi razziali furono provvidenziali per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della stupidità del fascismo. Si era ormai dimenticato il volto criminale del fascismo (quello del delitto Matteotti per intenderci); rimaneva da vederne quello sciocco“.

Nel 1942, per ragioni di lavoro, è costretto a trasferirsi a Milano. La guerra impazzava in tutta Europa ma non solo: i nazisti avevano anche occupato il suolo italico. Inevitabile la reazione della popolazione italiana. Lo stesso Levi ne fu coinvolto. Nel 1943 si rifugiò sulle montagne sopra Aosta, unendosi ad altri partigiani. Eppure, nonostante ciò venne quasi subito catturato dalla milizia fascista. Un anno dopo si ritrovò internato nel campo di concentramento di Fossoli e successivamente deportato ad Auschwitz.

Questa orribile esperienza avrebbe raccontato con dovizia di particolari, ma anche con un grandissimo senso di umanità e di altezza morale, nonché di piena dignità, nel romanzo-testimonianza, “Se questo è un uomo“, pubblicato nel 1947, imperituro documento delle violenze naziste, scritto da un uomo di limpida e cristallina personalità.

In un’intervista concessa poco dopo la pubblicazione (e spesso integrata al romanzo), Primo Levi afferma di essere disposto a perdonare i suoi aguzzini e di non provare rancore nei confronti dei nazisti. Ciò che gli importa, dice, è solo rendere una testimonianza diretta, allo scopo di fornire un contributo personale affinché si eviti il ripetersi di tali e tanti orrori.

Viene liberato il 27 gennaio 1945 in occasione dell’arrivo dei Russi al campo di Buna-Monowitz, anche se il suo rimpatrio avverrà solo nell’ottobre successivo. Una vita così, a cent’anni dal suo cominciamento, non poteva che destare l’attenzione di tutti coloro per il quali il valore della democrazia e della libertà, della tolleranza e del diverso vale più di tutto.

Con questo spirito ha annunciato l’evento da lui organizzato su Primo Levi lo storico ed intellettuale partenopeo Giuseppe Mosca, che rinnova nel quotidiano l’attenzione umana e storica verso i tanti esempi di vita, d’arte e di cultura che ci siamo lasciati alle spalle e, in tanti casi, persino dimenticati, riproponendo lui le loro gesta sul web in occasione di anniversari o eventi. “Con grande orgoglio misto a piacere – ha scritto Giuseppe Mosca – v’informo che martedì 26 novembre p.v. alla Feltrinelli Point La Distilleria di Pomigliano d’Arco, alle ore 17.30 assieme ad Aurelio Cerciello e Suzana Glavaš, celebreremo il Centenario della nascita di Primo Levi: l’uomo, lo scrittore e il sopravvissuto. Sarà anche l’occasione di parlare della strettissima attualità sull’Antisemitismo e i tempi bui che stiamo rivivendo”.

Il convegno avrà quindi, assieme a quella dello stesso Giuseppe Mosca, l’apporto e la testimonianza di Aurelio Cerciello, ricercatore, artista poliedrico e bibliotecario che ama contaminare i suoi saperi con la creatività tipica degli artisti di nascita e vissuto partenopeo che di Primo Levi testimonia il senso alto di un valore che travalica le date e, persino, gli anniversari perché vale per sempre ed ovunque. Non da meno sarà da ascoltare, nel corso del convegno, con attenzione la testimonianza di Suzana Glavaš. Nata il Croazia il 22 marzo del 1959,
Suzana Glavaš, è italianista, croatista ed esperta in comparatistica e giudaista che vive a Napoli da quando insegna lingua croata all’Università “L’Orientale” dedicandosi ai tanti rapporti letterari italo-croati che vi sono e alla poesia italiana del Novecento, in particolare a quella di Umberto Bellintani. Suzana Glavaš ha tradotto molti autori italiani in croato e autori croati in italiano dacché scrive indistintamente nelle due lingue. In Croazia sono usciti su riviste due suoi cicli di poesie.

L’appuntamento, da non perdere, è quindi per martedì 26 novembre ore 17.30 alla Feltrinelli di Pomigliano d’Arco per tutti coloro che, stando in Campania, hanno stimato e stimano, dal primo momento, l’eredità umana, culturale e morale di Primo Levi affinché nulla di ciò che lui ha vissuto, scritto e testimoniato vada perso.

Nella foto in alto Giuseppe Mosca
Qui, nella foto, Aurelio Cerciello
Nella foto Suzana Glavaš

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